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Il Congresso dei popoli oppressi dall'Austria-Ungheria
Si tiene a Roma, in Campidoglio, il "Congresso dei popoli oppressi dall'Austria-Ungheria". Il suo stesso svolgimento sembra indicare che la politica delle nazionalità, sostenuta dagli Stati Uniti, abbia ormai preso piede anche in Italia, ma in realtà il "Congresso di Roma" mostra subito i suoi limiti. Tra coloro che aderiscono all'iniziativa, infatti, le posizioni non sono per nulla omogenee: da un lato ci sono gli "interventisti liberali e democratici" (come Luigi Albertini e Gaetano Salvemini) che vogliono rimettere in discussione la "vecchia diplomazia" e quindi anche la politica sonniniana basata sull'intangibilità del "Patto di Londra"; dall'altro ci sono invece gli "interventisti nazionalisti" (come Preziosi e Pantaleoni) che, oltre a considerare "ridicola" l'idea (espressa da Wilson) che la guerra sia combattuta "per la democrazia", puntano soprattutto sul fatto che la politica delle nazionalità, il cui presupposto è la "dissoluzione dell'Austria", contribuirà alla sconfitta del nemico. Alla fine, il "Patto di Roma", nato da questa difficile coabitazione tra posizioni assai diverse, si riduce ad una generica affermazione di principio, che, non prendendo posizione sulle questioni territoriali (dato che le decisioni su tali questioni –si dice– spettano al governo), lascia ampi margini interpretativi. Preziosi e i nazionalisti, in particolare, a differenza dei 'democratici' e dei 'liberali', non pensano che esso rimetta in discussione gli accordi segreti stipulati nell'aprile del '15 tra Francia, Inghilterra ed Italia.
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