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La fase decisoria davanti al tribunale collegiale


RIMESSIONE AL COLLEGIO E PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI.
La fase decisoria è l’ultima fase del processo e conduce all’emanazione della sentenza, e dunque alla decisione sui diritti dedotti dalle parti.
La prima disposizione da prendere in considerazione è l’art 189: “il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art 183. Le conclusioni in merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dell’art 187”.
Esaurita dunque l’istruzione, il G.i. invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni, ossia a fissare in modo definitivo e preciso il contenuto delle domande sulle quali dovrà poi pronunciarsi il collegio.
Scopo della precisazione delle conclusioni è quello di consentire alle parti di avvalersi di tutti gli elementi emersi nel corso della trattazione e dell’istruzione, al fine di definitivamente fissare ciò che intendono far decidere dal collegio.
Quello della precisazione delle conclusioni è un momento estremamente delicato per le parti, o meglio per i loro difensori: eventuali dimenticanze nella riformulazione delle domande comportano una presunzione di abbandono delle relative istanze.
Se una o entrambe le parti, dopo l’invito del g.i., omettono di precisare le conclusioni, la Corte di Cassazione ritiene che ciò non comporti alcuna nullità: l’unica conseguenza sarà che si intenderanno confermate per intero le domande e le eccezioni già formulate.

LA PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI NEI CASI DI RIMESSIONE AL COLLEGIO AI SENSI DELL’ART 187 2°3°c.
La rimessione della causa davanti al collegio avviene anche in altri due gruppi di ipotesi.
a) RIMESSIONE AI SENSI DELL’ART 187 2C°
Può accadere che il g.i. si accorga della presenza di una questione di merito avente carattere preliminare ed in grado di definire il giudizio.
Si prevede l’esempio dell’eccezione di prescrizione che ove si rivelasse fondata, sarebbe in grado di paralizzare la pretesa di chi ha azionato il diritto: il giudice si troverebbe a dove pronunciare una sentenza che chiude il processo e contemporaneamente decide il merito, affermando che il diritto si è oramai estinto.
Dal punto di vista del g.i. egli deve valutare, di fronte ad un eccezione avente ad oggetto una questione di merito capace di provocare il rigetto della domanda della controparte, se appaia fondata oppure no, e dunque se sia o meno il caso di rimettere le parti davanti al collegio per far decidere la causa.
Se il g.i. ritiene che la questione sia fondata, invita le parti a precisare le conclusioni, ma non esclusivamente in riferimento a quella sola domanda cui si riferisce la questione di merito, ma in relazione a tutto l’oggetto del processo.
Il collegio è investito dalla decisione dell’intera causa, anche se il g.i. gliela rimette su una questione di merito preliminare. Il collegio, anche ove ritenesse infondata la questione preliminare, potrebbe lo stesso decidere il merito, se ritenesse, ad es., che la causa è matura per la decisione.
Esso potrebbe quindi:
1) ritenere che la prescrizione si è verificata, confermando così l’opinione del g.i. e dunque rigettare la domanda con sentenza definitiva, oppure
2) ritenere che la prescrizione non si è verificata ma, dato che la causa è concretamente decidibile nel merito, pronunciare su tutte le domande con sentenza definitiva, oppure ancora
3) ritenere che la prescrizione non si è verificata, ma dato che è necessario istruire la causa per accertare se il diritto azionato esiste oppure no, emettere sentenza non definitiva con cui dichiara infondata la questione preliminare di merito e con separata ordinanza disporre il prosieguo dell’istruttoria sull’esistenza del diritto davanti al g.i..
Questo ci fa comprendere come la valutazione del g.i. in merito alla fondatezza della questione preliminare sia una valutazione priva di efficacia vincolante per quest’ultimo.

RIMESSIONE AI SENSI DELL’ART 187, 3°c
L’ipotesi è gemella della precedente, ma riguarda una questione di rito, quale, ad es, la competenza, la giurisdizione, e l’esistenza di altri presupposti processuali.
Anche le pregiudiziali di rito debbono essere capaci di provocare l’emissione di una sentenza che chiude il processo davanti al giudice adito e non comportano una pronuncia sul diritto.
In tali casi l’onere delle parti di precisare le conclusioni è ancora più evidente, perché se il collegio ritiene infondata la questione di rito, ben può entrare nel merito e decidere la causa con sentenza definitiva.
Se le parti vogliono essere sicure che in sede decisoria siano esaminate e decise tutte le loro domande ed eccezioni, dovranno sempre precisare le loro conclusioni di merito anche se il g.i. ha deciso di rimettere la causa in decisione.
Qualunque sia il motivo per il quale il g.i. decida di rimettere la causa al collegio per la decisione, ai sensi dell’art 189, la rimessione comporta sempre che il collegio sia investito dalla decisione di tutta la controversia nel suo complesso, e le parti hanno sempre l’onere di precisare tutte le loro conclusioni.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Alessandro Remigio
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