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Il periodo femminista degli anni '70


Da qui ha inizio il declino delle Br perché si indeboliscono le simpatie di esterni e alcuni si pentono e testimoniano. La polizia riesce così ad arrestare la dirigenza delle Br.
Un altro movimento importante di questo periodo è quello femminista, organizzato negli Usa e nell’Europa occidentale da donne che vogliono rimettere in discussione la natura delle relazioni che legano uomini e donne.
Vi sono tre direttrici di riflessione:
1) L’idea che il privato è politico, cioè che i rapporti privati incorporano rapporti di potere;
2) L’idea di differenza sessuale: le donne vivono in maniera diversa dagli uomini ma non sono per questo inferiori;
3) Il separatismo femminile fu accolto dalle frange più radicali che auspicavano un’indipendenza psicologica e sociale dall’universo maschile.
In Francia, una serie di leggi varate nel 1965, nel 1975 e nel 1985 introduce il divorzio, depenalizza l’adulterio e stabilisce rapporti di parità tra i coniugi. In Italia, nel 1970 viene introdotto il divorzio, nel 1975 si sancisce l’uguaglianza dei coniugi; nel 1977 si stabilisce l’obbligo di un eguale trattamento salariale e lavorativo di uomini e donne e nel 1978 viene legalizzato l’aborto in certi limiti.
In Spagna nel 1975 la crisi della dittatura si apre con la morte di Francisco Franco. Il successore designato è il principe Juan Carlos di Borbone che viene proclamato re di Spagna. Viene introdotta la democrazia e varata la Costituzione.
Nel Regno Unito nel 1979 sale al potere la prima donna Primo ministro, Margaret Thatcher, a capo del Partito conservatore britannico.
Thatcher ritiene che vada rilanciata la libertà d’azione degli imprenditori, che rappresentano la fonte di ricchezza del paese. Inoltre, la diminuzione della spesa pubblica deve essere accompagnata dalla diminuzione della pressione fiscale. Viene poi attuato un piano di privatizzazione di aziende possedute o gestite dallo Stato che vengono vendute a compagnie o imprenditori. Viene anche limitato il peso e la forza contrattuale dei sindacati operai.
Dal 1970 al 1989 si registra la profonda crisi che scuote il sistema sovietico. Il sistema economico comunista si rivela inefficiente. La produzione industriale è condotta in impianti costruiti senza alcuna cura per le norme ambientali, che provocano un livello di inquinamento atmosferico altissimo. L’agricoltura, negli anni 70 e 80, peggiore ulteriormente. I paesi dell’Est, soprattutto l’Urss, devono importare beni alimentari dall’estero (anche dagli Usa), ma a prezzi crescenti dato l’effetto della stagflazione. Le merci però si trovano solo a cicli periodici: in una settimana trovi solo cavoli e non mele; l’altra settimana trovi solo mele e non formaggio e così via. A volte beni essenziali scompaiono completamente dai negozi perché i funzionari addetti agli acquisti e alla distribuzione hanno mal calcolato le esigenze del mercato.
Questi anni sono anche caratterizzati da un irrigidirsi dei controlli e della repressione verso le manifestazioni di critica o dissenso. Il disagio cresce dopo la scelta sovietica di invadere l’Afghanistan. Nel paese nel 1973 un colpo di Stato ha rovesciato la monarchia e instaurato la repubblica. Un secondo colpo di Stato ha portato il Partito comunista al potere. Ma ciò ha fatto scatenare la resistenza armata dei mujaheddin, finanziati dagli Usa. L’Urss nel 1979 decide di intervenire e non solo non si impone sui guerriglieri islamici ma la sua economia si indebolisce maggiormente.

Tratto da L'ETÀ CONTEMPORANEA di Gabriella Galbiati
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