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Il fenomeno delle nominalizzazioni

Premessa sulle nominalizzazioni


In questo scritto si cerca di esporre il quadro generale in cui si inserisce il fenomeno delle nominalizzazioni. 
Dopo una breve esposizione riguardo la partizione in classi di parole e una sintesi della teoria del continuum di tali classi (in particolare tra la categoria dei verbi e la categoria dei nomi), si cercherà di riassumere le modalità principali con cui le forme lessicali possono passare da una categoria di origine ad un'altra di arrivo, corredando l’esposizione di esempi tratti dalla lingua inglese e dalla lingua italiana.
Si esporranno poi le principali cause e conseguenze del processo in oggetto, facendo riferimento ai testi e alle risorse riportati in bibliografia.

Partizioni in classi di parole


Quando si parla di classe di parole (o di parti del discorso), in genere si intende:
"l’insieme di parole di un lessico i cui membri condividono una o più caratteristiche dal punto di vista del comportamento morfologico o sintattico." (Jezek 2005, p.97)

Ogni lingua ha un numero limitato di classi di parole identificabili, ciascuna con un numero variabile di membri: l’italiano ad esempio prevede nove classi, anche se le principali sono considerate il nome, il verbo, l’aggettivo e l’avverbio.  Le prime due classi in particolare, quella del nome e del verbo, possono essere considerate delle classi di base in quanto presenti in tutte le lingue del mondo (con rare eccezioni). 
La categoria grammaticale di molte parole può variare a seconda del contesto testuale in cui queste sono inserita: le parole possono appartenere anche a più classi, e questa eventualità si verifica più spesso nelle lingue che hanno una scarsa morfologia o che comunque non distinguono in base a questa la classe delle parole (come invece avviene in italiano). In inglese può accadere per esempio che una stessa forma lessicale assuma all’occorrenza valore di nome (1)A o di verbo (1)B.
 
(1)
A – Let’s talk about the cost of energy!
B – How much does it cost?

Come ricorda Simone (2004), la nozione di parte del discorso è stata molte volte criticata e risultata dubbia, poiché è inevitabile che tra una classe e l’altra si verifichino delle intersezioni anche cospicue, cioè elementi che appartengono tanto ad una classe quanto ad altre. Proprio nell’inglese la distinzione tra verbo e nome è spesso molto incerta, come è osservabile nell’esempio (1), per la parola cost. Questo fenomeno morfologico, che permette ad una singola parola di non segnalare con marche formali la propria appartenenza ad una classe, è detto conversione, ed è una particolare forma di nominalizzazione.
Il processo di nominalizzazione (trattato nel dettaglio nel cap.2), il cui risultato solitamente è un sostantivo a radice verbale che indica un azione, riveste un ruolo importante nell’ambito delle teorie del lessico secondo cui la classe dei nomi e quella dei verbi non costituiscono due insiemi isolati, bensì sono connesse tra di loro. Per dirla nei termini di Ross (1972), non esiste un inventario fisso e discreto di categorie grammaticali, ma un “quasi-continuum” che contiene le categorie ordinate come mostrato nella FIGURA 1.a.
Secondo la modifica suggerita da Ross, nella gerarchia presentata da lui battezzata “category space”, la distanza tra le tre categorie che lui identifica come cardinali (quelle del verbo, del nome e dell’aggettivo) e le altre categorie minori è addirittura quantificabile, oltre che non discreta.
“I will refer to such a hierarchy as that in [FIGURA 1.a – ndr], which my present research leads me to believe is the most normal situation in semantax (to borrow a term from Georgia Green), as a squish”. (Ross 1972, p.316)
Il nuovo modello di Ross delle categorie grammaticali prevede un sistema di relazioni circolari e non lineari, come vuole suggerire la disposizione in FIGURA 1.b. 
A sostegno della tesi di Ross di un continuum tra la classe dei nomi e quella dei verbi, si collocano le relazioni che si stabiliscono con la nominalizzazione, nella direzione da verbo a nome, e con i verbi denominali, in cui i nomi emergono come verbi (Clark e Clark 1979).
In questa concezione le nominalizzazioni non vanno pensate come un semplice passaggio da una categoria di partenza (del verbo) a una categoria di arrivo (del nome), ma piuttosto come un “gradiente”, lungo cui si possono situare diversi tipi di nomi. E quindi se l’infinito nominale sarà il tipo di nome più vicino al verbo, poiché ha una sintassi mista tra quella verbale e quella nominale, il nome d’azione sarà più vicino alla categoria del nome, dato che ha una sintassi del tutto nominale.

Tratto da NOMINALIZZAZIONI di Valentina Marchiò
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