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Il cinema come soggetto in stato di mancanza

Il cinema come soggetto in stato di mancanza


Un’altra caratteristica importante dello spettatore cinematografico è che esso si presenta come soggetto in stato di mancanza. Ogni volta che Freud è portato a descrivere la trasformazione della scelta d’oggetto (dell’ordine dell’avere) in identificazione all’oggetto (dell’ordine dell’essere), egli ne sottolinea il carattere regressivo: questo passaggio all’identificazione esprime, per un soggetto già costituito, una regressione a uno stato anteriore della relazione all’oggetto, uno stato più primitivo, più indifferenziato dell’attaccamento libidico all’oggetto. E questa regressione, il più delle volte, si instaura su uno stato di mancanza, sia che si tratti di una reazione alla perdita dell’oggetto, o di uno stato più permanente di solitudine; questo carattere regressivo dell’identificazione, legato a uno stato di mancanza, merita già alcune osservazioni a proposito dello spettatore cinematografico. Deve innanzitutto risultare chiaro che il cinema è un’esperienza culturale acconsentita, relativamente cosciente, e che lo spettatore del film sa bene che questa esperienza esclude a priori ogni scelta oggettuale, per la ragione evidente che l’oggetto rappresentato sullo schermo è già un oggetto assente, un’effigie, un significante immaginario: questo desiderio di regressione è indice che lo spettatore cinematografico resta sempre un soggetto in stato di mancanza in preda al lutto e alla solitudine; le cose stanno diversamente per lo spettatore televisivo, molto meno in stato di isolamento e molto meno incline ad una forte identificazione.
L’identificazione è una regressione di tipo narcisistico nella misura in cui permette di restaurare nell’Io l’oggetto assente o perduto e di negare, tramite questa restaurazione narcisistica, l’assenza o la perdita: l’identificazione permette di ridurre (nelle nevrosi) o di sopprimere (in un narcisismo assoluto) la relazione ad altri; l’identificazione narcisistica tenderebbe dunque a valorizzare la solitudine e la relazione fantasmatica a discapito della relazione oggettuale, e si presenterebbe come una soluzione di ripiego nell’Io, lontano dall’oggetto: si potrebbe dire che il cinema, soprattutto di finzione, implica sempre uno spettatore in stato di regressione narcisistica, vale a dire ritirato dal mondo in quanto spettatore.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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