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Definizione di profondità di campo

Definizione di profondità di campo


Un altro parametro della rappresentazione che svolge un ruolo importante nell’illusione di profondità è la nitidezza dell’immagine; ma se in pittura la questione è relativamente semplice, nel cinema le cose stanno diversamente: la conformazione della m.d.p. impone in effetti una correlazione tra diversi parametri(quantità di luce che penetra nell’obiettivo, distanza focale, ecc.) e la più o meno intensa nitidezza dell’immagine. Queste osservazioni sono doppiamente da temperare, sia perché i pittori del Rinascimento hanno tentato di codificare il legame tra nitidezza dell’immagine e vicinanza dell’oggetto rappresentato, sia perché, inversamente, molti film fanno uso del flou artistico, che consiste in una diminuzione volontaria della messa a fuoco in tutto o in parte del quadro a fini espressivi. All’infuori di questi casi particolari, l’immagine filmica è nitida in tutta una parte del campo, ed è per caratterizzare l’estensione di tale zona di nitidezza che si determina la cosiddetta profondità di campo; si tratta di un dato tecnico dell’immagine, che peraltro è possibile modificare facendo variare la focale dell’obiettivo(la profondità di campo è tanto più ampia quanto più corta è la focale) o l’apertura del diaframma(la profondità di campo è tanto più ampia quanto meno è aperto il diaframma), e che si definisce coma la profondità della zona di nitidezza. Ciò che si definisce come profondità di campo è la distanza, misurata secondo l’asse dell’obiettivo, tra il punto più vicino e il punto più lontano che forniscono un’immagine nitida; questo presuppone una definizione convenzionale della nitidezza per il formato 35mm: si considera nitida l’immagine di un punto oggetto, di dimensioni infinitamente piccole, quando il diametro di quest’immagine è inferiore a 1/30 mm. Ma la profondità di camp che abbiamo appena definito non è la profondità di campo: questa è una conseguenza di diversi parametri dell’immagine filmica; se essa è grande, la disposizione su diversi piani degli oggetti in asse, tutti nitidamente visibili, andrà a rafforzare la percezione dell’effetto prospettico, mentre se essa è ridotta, i suoi stessi limiti manifesteranno la profondità dell’immagine(il personaggio diventa nitido avvicinandosi a noi, ecc.). Se dunque la profondità di campo è di per se stessa un fattore permanente dell’immagine filmica, l’uso che di essa si è fatto è variato enormemente nel corso della storia dei film: il cinema delle origini beneficiavano di una profondità di campo molto ampia, mentre durante tutto il periodo della fine del muto e degli inizi del parlato, essa scompare dal cinema; così l’uso massiccio e ostentato in certi film degli anni ’40 di un’ampia profondità di campo fu preso come una vera riscoperta.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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