Gli stadi della ricerca antropologica
Ai tre stadi operativi previsti in una ricerca antropologica (descrizione, analisi e interpretazione), viene aggiunto uno step preliminare, in cui il ricercatore definisce l’ambito della ricerca e determina quali concetti mettere in evidenza, che spesso sono quelli che gli sono più consoni. La personalità, il genere, l’età, la nazionalità e gli studi compiuti condizionano l’approccio alla ricerca. Ci sono quindi varie correnti che però non si sono succeduti come lungo una scala evolutiva, ma nella maggior parte dei casi hanno convissuto.
Gli inizi dell’antropologia moderna sono legati a uomini come Henry Lewis Morgan (1818 – 1881), Edward Tylor (1832 – 1917) e James Frazer (1854 – 1941), che per primi, nella seconda metà dell’Ottocento, diedero forma e statuto di disciplina alle varie pratiche occasionali e non strutturate. La loro prospettiva, l’ evoluzionismo sociale o unilineare, prevedeva una classificazione del genere umano sulla base del grado di evoluzione raggiunto: quello selvaggio, quello della barbarie e quello della civiltà. Ciò aveva il merito di accomunare nella categoria degli "umani" anche quei popoli che fino ad allora erano stati considerati come semianimali o comunque non umani, ma anche il limite di avere una visione etnocentrica: nel gradino più alto c’erano gli occidentali, mentre gli altri erano in attesa di civilizzarsi o di essere civilizzati. Il tempo e il progresso avrebbero accompagnato tutti lungo la scala, trasformandoli in perfetti gentlemen londinesi. Non era concepibile che pezzi di umanità prendessero strade diverse.
Più tardi, negli anni Quaranta – Cinquanta, le teorie vennero riprese da studiosi come Julian Steward (1902 – 1972), Leslie White (1900 – 1975), Elman Service (1915 – 1996) e da Marshall Sahlins (1930), in chiave multineare. La svolta del neoevoluzionismo sta nel determinare linee di sviluppo multiple e parallele lungo le quali ogni società passerebbe attraverso vari stadi di complessità, senza dover per forza seguire un percorso unico.
Intorno alla fine dell’Ottocento, ispirati dagli studi di geografi tedeschi come Friedrich Ratzel (1884 – 1904), alcuni antropologi spostarono l’accento sulla distribuzione spaziale di tratti culturali comuni. La nuova prospettiva, chiamata diffusionismo, puntava a identificare delle aree culturali all’interno delle quali si riscontrassero tratti comuni: disponendo cronologicamente queste aree, si potevano individuare dei punti di irradiamento da cui si sarebbero diffusi, nelle regioni vicine, elementi della cultura originaria.
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Autore:
Elisabetta Pintus
[Visita la sua tesi: "L'individuazione di nuovi segmenti turistici: ''il turismo danzante''"]
- Università: Università degli Studi di Cagliari
- Facoltà: Economia
- Esame: Demoetnoantropologia - A.A. 2010/2011
- Docente: Felice Tiragallo e Tatiana Cossu
- Titolo del libro: Il primo libro di antropologia
- Autore del libro: Marco Aime
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2008
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