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La presenza dell'attore nel teatro filmato


Il leit – motiv dei contemporanei del teatro filmato, il loro argomento ultimo e apparentemente inespugnabile resta il piacere insostituibile che si attribuisce alla presenza fisica dell'attore. Il cinema accoglie tutte le realtà fuor che quella della presenza fisica dell'attore. Se è vero che in questa consiste l'essenza del fenomeno teatrale, il cinema non potrebbe in alcun modo pretendervi. Se la scrittura, lo stile, la costruzione drammatica sono concepiti rigorosamente per ricevere anima ed esistenza dell'attore in carne ed ossa, l'impresa di sostituire all'uomo il suo riflesso o la sua ombra appare radicalmente vana. L'argomento è irrefutabile, nessuna sostituzione dei valori è possibile se il fenomeno teatrale ha le sue radici al di là dell'estetica e della psicologia, sul piano dell'ontologia addirittura. Rimettiamo allora in discussione questo luogo comune della critica teatrale: l'insostituibile presenza dell'attore.

La nozione di presenza

Si imporrebbe anzitutto una prima serie di osservazioni per quel che riguarda il contenuto del concetto di presenza, giacché ci sembra sia proprio questa nozione, così come era intesa prima della comparsa della fotografia, che il cinema viene a mettere in causa. Può l'immagine fotografica essere assimilata alle altre, e come quelle può essere distinta dall'esistenza dell'oggetto? La presenza di qualcosa si definisce naturalmente in rapporto al tempo e allo spazio, ma la fotografia cambia tutto, modificando il primo dei due punti, lo spazio. Il cinema movimenta la fotografia e le conferisce una temporalità che non deve fermarsi all'istante dello scatto, in qualche modo sopperendo a quella necessità della presenza che l'estetica tradizionale voleva.

Tratto da CINEMA E TEATRO TRA REALTÀ E FINZIONE di Gherardo Fabretti
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