La rappresentazione tra azione scenica e realtà
La rappresentazione è il rapporto tra azione scenica e realtà. Per affrontare questa relazione è utile appoggiarsi al concetto di icone, così come l’aveva definito Peirce: un segno che è in rapporto di somiglianza con la realtà, avendo almeno una delle sue qualità, o la stessa conformazione, pur non essendo qualcosa che appartiene fisicamente all’oggetto (una macchia di sangue e il colore rosso, ad esempio).
Il teatro può certamente essere iconico, ma può anche perfettamente essere denotativo, rappresentare cioè anche un qualcosa che altro non voglia significare se non se stessa (una sedia che rappresenta una sedia). Detto questo possiamo quindi disporre i singoli eventi teatrali lungo una linea, a seconda della maggiore o minore presenza di elementi che mostrano se stessi, o rimandano ad altro da loro.
Tracciamo quindi una classificazione di massima:
- nella rappresentazione propriamente detta, ogni elemento rimanda ad altro da sé (l’attore rimanda ad un determinato personaggio; la scena ad un determinato ambiente) e anche ciò che non si presenta visivamente con un particolare status simbolico, viene comunque investito di un particolare significato nel contesto dell’azione. Facciamo un esempio: nell’Amleto un attore interpreta il principe, è cioè icone del principe, e ne diventa simbolo iconico (rappresenta cioè una cosa che non è quella direttamente rappresentata); il palco, di conseguenza, senza nessun particolare lavorio scenografico, finisce per assumere le forme del castello di Elsinore.
- Non è vero che nel teatro tutto assume una dimensione iconica. Segni e cose possono coesistere in modo distinto e vengono riconosciuti come tali. L’attore brechtiano, ad esempio, convive con il personaggio eppure si distingue da lui; il presentatore di uno spettacolo recita un testo, come gli attori, ma si presenta come se stesso. In questi casi gli elementi di uno spettacolo assumono un doppio statuto, e la loro duplicità viene utilizzata a scopi di significazione.
Un attore che durante la rappresentazione si trucca, ostentando la sua trasformazione in simbolo ma rimanendo noto come attore, ad esempio. Questo accadeva nella rappresentazione della Principessa Turandot di Gozzi, nella versione di Vachtangov, dove gli attori, vestiti in frac, entravano in scena vestendosi di stracci e pezzi di stoffa vari.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letterature comparate
- Docente: Domenico Tanteri
- Titolo del libro: Leggere il teatro
- Autore del libro: C. Molinari - V. Ottolenghi
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