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Le teorie sul ruolo del lettore


Dopo la fenomenologia ci sono stati nuovi numerosi procedimenti teorici che hanno valorizzato la lettura (sia la prima lettura che le successive): l'estetica della ricezione ad esempio (Jauss), o anche la teoria dell'effetto di lettura (Fish e Eco). Persino Barthes, in S/Z rivaluta il lettore: il codice che egli chiama ermeneutico è definito dall'insieme di enigmi che esso risveglia nel lettore, dal lavoro che il lettore – cacciatore fa sugli indizi, allo scopo di risolvere piccoli enigmi. Senza questo lavoro, dice Barthes, il libro rimane inerte. Barthes però persiste nell'affrontare la lettura dalla parte del testo, e non del lettore. Il testo è un programma (il codice ermeneutico) al quale il lettore è sottomesso.
Barthes esemplifica il nodo principale del dibattito sul lettore: la libertà che il testo lascia al lettore. Nella lettura intesa come interazione dialettica tra testo e lettore, così come la descrive la fenomenologia, quanto si è vincolati dal testo? E quanta libertà ha conquistato il lettore?
In che misura, come voleva Riffaterre, la lettura è programmata dal testo? E in che misura il lettore può, o deve, colmare le lacune del testo per leggere in filigrana, nel testo attuale, gli altri testi virtuali? Le domande sono tante ma riportano tutte al problema del gioco tra libertà e vincolo. Quando legge, il lettore cosa fa al testo? E il testo al lettore? La lettura è attiva o passiva? Più l'una o più l'altra? Il lettore deve essere concepito come un insieme di reazioni individuali o piuttosto come l'attuazione di una competenza collettiva? Ne parleremo nei paragrafi seguenti.


Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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