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Le teorie di Foucault sull'autore


E Foucault e la sua conferenza? Anche la sua argomentazione sembra dipendere dal confronto congiunturale con la storia letteraria e il positivismo. E proprio queste due realtà hanno indirizzato i più severi strali al modo dello studioso francese di trattare – ne Le parole e le cose – i nomi propri e i nomi d’autore, identificati con “formazioni discorsive” molto più ampie e vaghe dell’opera di questo o di quell’autore (Darwin, Marx, Freud).
Inoltre, appoggiandosi alla letteratura moderna – che avrebbe visto a poco a poco la cancellazione dell’autore (pensiamo a Mallarmè, Beckett, Blanchot) – definì la “funzione autore” come una costruzione storica e ideologica, la proiezione in termini più o meno psicologizzanti del trattamento a cui si sottopone il testo. È vero, la morte dell’autore porta con sé la polisemia del testo, la promozione del lettore e una libertà di commento fino ad allora sconosciuta ma... manca una vera riflessione sulla natura dei rapporti tra intenzione e interpretazione. Ad essere in questione adesso non è forse il lettore come sostituto dell’autore? C’è sempre un autore! Prendiamo Borges...se non è Cervantes è Menard.
Nell’intenzione d’autore, infatti, se da un lato c’è l’autore, dall’altro c’è l’intenzione. Il problema dell’intenzione d’autore non risale certo all’empirismo o al razionalismo; è molto più antica. Nella teoria della morte dell’autore si confonde l’autore in senso biografico o sociologico (nel senso di un posto all’interno del canone storico) con l’autore in senso ermeneutico, della sua intenzione o intenzionalità, come criterio dell’interpretazione. La funzione autore di Foucault evidenzia benissimo questa limitazione.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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