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Una definizione per utopia e distopia

L'etimo di utopia, non-luogo, vale anche per la distopia, che si svolge in uno spazio inesistente: in tal modo le due non sarebbe distinguibili. Se però chiariamo che l'utopia indica una eu-topia (luo-go felice), in tal caso la distopia è il suo contrario, un luogo pessimo che dovrebbe invero chiamarsi cacotopia. Il prefisso dis- indica non solo sottrazione ma anche alterazione e spostamento.

Al fine di una migliore terminologia, Muzzioli ricorre al quadrato semiotico di Greimas (la machi-nette). Data l'opposizione tra utopia e distopia, i due contraddittori sarebbero la non-utopia e la non-distopia. La prima è l'utopia fallimentare; la seconda è la distopia che possiede, malgrado tutto, un finale positivo. Foucault distingue utopia ed eterotopia: se la prima consola, la seconda inquieta e mina segretamente il linguaggio perchè devasta la sintassi che tiene insieme le cose.

In uno spazio letterario dominato dalla fiction, l'approccio tipico è quello della fantasmatizzazione. Leggere un testo significa seguire dei personaggi e ricrearli in noi, come fossero storie vere. Addi-rittura, nei reality show, i confini tra verità e finzione si assottigliano, e le persone vere pensano di esistere solo da personaggi. Tale atteggiamento distrugge l'attitudine all'ermeneutica del sospetto.
La narratività della distopia ha bisogno, di solito, di una figura di outsider (ribelle o sopravvissuto che sia) che entra in contraddizione con il mondo distopico e ne porta alla luce l'aspetto aberrante. Egli è in fondo un visitatore ma nelle vesti scomode del perseguitato.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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