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La distopia del complotto

Un elemento delle distopie totalitarie è la lotta clandestina. Schiacciati dal potere, gli oppositori spesso si insinuano in esso. In Iron Hell di London agenti segreti e infiltrati danno vita a una guerra sotterranea. La distopia del complotto potrebbe anche chiamarsi distopia della confusione, basata com'è sull'indistinguibilità dei ruoli: come O'Brien, che in 1984 prima sembra un salvatore.

In molti casi la distopia assume dunque il plot del giallo: McHale assegna al moderno il modello epistemologico del poliziesco e al postmoderno il modello ontologico della fantascienza: la distopia mostra che tali attribuzioni non sono cosÏ nette e che i due modelli si possono trovare intrecciati. Un esempio è offerto in Ballard, dove il luogo più idillico, l'isola, è ora l'enclave dei ceti sociali privilegiati: EdenOlympia in Supercannes (2000) o Chelsea Marina in Millennium People (2003). Dietro la rispettabilità della classe dirigente, l'autore mostra che lo scatenamento della violenza è il vero volto del capitalismo, che usa la civiltà solo come facciata ma, al bisogno, non fa sconti.

Neuromancer di William Gibson (1984), testo cult del Cyberpunk, non è propriamente una distopia. Eppure, cosÏ è trattato perchè estremizza il dubbio sull'alienazione. Non sappiamo infatti fino a che punto l'uomo collegato alla rete informatica è attivo o consente solo alla rete di espandersi. In questa tecnostregoneria, si insinua un tarlo distopico: la ragione per cui ci si immerge nella realtà virtuale è l'invivibilità del reale. Ci troviamo in una vera distopia della confusione, non solo per la dialettica tra buoni e cattivi, ma anche tra reale e mentale, tra pulsioni e impulsi elettronici.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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