Distopie della catastrofe

Alla fine del secolo le distopie del malessere planetario prevalgono. Le catastrofi variano: glaciazioni o desertificazioni, malattie incurabili o bombardamenti di asteroidi. I disastri possono essere provocati dai quattro elementi: l'acqua (inondazioni), l'aria (uragani), la terra (terremoti), il fuoco (incendi). Molteplici sono le possibili regressioni: vita tre le rovine, ritorno alla barbarie. Spesso, in un ritorno indietro, vi si trovano però margini positivi: un encomio rivolto alle virtù dell'elementare.

L'ossessione dei barbari, e dunque la problematica del razzismo che è insita, è contenuta in Waiting for the Barbarians (1980) di John Coetzee, in cui il confine che separa dall'altro è oltrepassato dal magistrato, imprigionato e torturato solo per essersi accostato alla parte cattiva.

Costruiscono invece il mondo di un lontano futuro Angela Carter e Doris Lessing. In Heroes and Villains (1969, I buoni e i cattivi), la Carter immagina un'età postbellica che ha separato le città dei Professori e dei Soldati da quelle dei Barbari, un contrasto di epoche tra modernità e medioevo.
In Mara and Dann (1999) la Lessing racconta l'Africa come l'ultimo continente popolato: l'Europa è coperta per una glaciazione e della sua civiltà non rimangono che delle tracce.

In quest'area tematica si inserisce anche In The Country of Last Things (1987) di Paul Auster. In un paese senza nome, una città versa in condizioni di crisi con una guerra alle porte, l'instabilità politica dei governi, l'ordine pubblico carente, fino a punte di far west metropolitano. In questo ambiente sbarca Anna Blume, ventenne giunta via mare alla ricerca del fratello disperso.

La struttura è ciclica: ogni rifugio raggiunto comporta un pericolo. La fine è ignota: lo scritto è la memoria di Anna su un quaderno. Il testo comprende tematiche del genere: il clima claustrofobico delle frontiere bloccate; l'arbitrio in cui nessuna legge è valida, la cancellazione della memoria.