Dispotismo distopico in London, Zamjatin e Bordewijk

In The Iron Hell (1907, Il tallone di ferro), Jack London descrive una tirannide borghese negli USA dalla parte del soggetto subalterno.. London segue un suo Marx, per cui il dissidio tra capitale e lavoro dovrebbe allargarsi fino alla rottura dell'elastico. Sebbene la profezia non ci ha preso, e il modo di vita americano ha fiaccato la classe operaia, il libro è adatto a una rilettura attuale. In It Can't Happen Here (1935), London sviluppa l'ipotesi che negli USA si sviluppi il fascismo.

Intanto la rivoluzione russa, con la pretesa di avere instaurato un'utopia, si converte in una distopia ancor più clamorosa. Un sostenitore della rivoluzione, Evgenij Zamjatin, incarcerato ed esiliato per i suoi scritti sotto lo zar, coglie le contraddizioni del sistema sovietico in My (Noi), scritto tra il 1920 e il 1922. Il soggetto plurale dice già tutto: sciogliersi nel noi fino alla totale uniformità.

Gli uomini non hanno più nomi ma numeri e indossano uniformi. La vita è ridotta a pianificazione integrale. Ed è l'istinto sessuale l'imprevisto: D503 incontra I330 e si compromette nella trama degli oppositori di cui lei fa parte. La trasgressione erotica diventa cospirazione. Nella nota finale, D503, normalizzato, assisterà senza reagire all'esecuzione della donna che invece resiste fino in fondo. Lo stile è nervoso, contratto, frammentario: il testo consiste di note, quasi foglietti volanti.

L'olandese Ferdinand Bordewijk, in Blokken (1931, Blocchi), descrive un mondo dove l'inquadramento delle masse è dato da una maniacale affermazione della forma quadrata. Il racconto cubista non prevede outsider o rovesciamenti, ma solo una sorda resistenza sotterranea. In L'uomo è forte (1938) Corrado Alvaro ambienta un racconto, in apparenza a Russia, descrivendo la vicenda dell'ingegnere Dale, in un contesto dove ogni passo può essere considerato un tradimento.