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Distopia e totalitarismo

La classica distopia è incentrata sulla tematica del totalitarismo. Essa si afferma con l'instaurarsi di regimi dittatoriali e polizieschi e con lo sviluppo dell'autoritarismo nelle società di massa. La distopia porta all'eccesso questa tendenza: prima ancora che sfoci in tragedia, il totalitarismo è preso in parola. Per essere tale, deve essere totale. CosÏ il distopico s'incontra col dispotico.

I suoi caratteri principali sono: la presenza onnipresente del leader, lo Stato di polizia, l'induzione del consenso, la repressione capillare. La distopia, in questo caso, non consiste nella fine del mondo, bensì nella fine della coscienza del mondo. Se tutti sono eterodiretti, non può esservi un dissenso. Un anello debole è, talvolta, il rapporto tra i sessi, cellula di resistenza contro il dominio.

Fuori dalle distopie classiche, ma assai influente e modello sotterraneo, è l'opera di Kafka. Ne Il Processo (1925) pian piano si scopre che c'è una giustizia parallela, nascosta nella vita quotidiana, dotata di potere invincibile. Di fronte a questa assise, l'innocenza non è dimostrabile, e l'accusa vale già come condanna. L'opera evidenzia la perdita di valore del soggetto nell'iter burocratico.

L'incubo di un sistema sociale oppressivo e violento si accentuerà a contatto con nazismo e comunismo. Alcune distopie (Zamjatin, Orwell) nascono da un quadro storico nero, riflesso del tradimento della speranza del comunismo costituito. Non c'è stato troppo comunismo, ma troppo poco.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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