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Enduring Freedom nei media

Nella guerra dell’Iraq del 2003 si assiste alla compenetrazione tra bellico e mediatico, fino quasi all’isomorfismo, un modello di analisi che si adatta bene al rapporto tra i media e le operazioni militari condotte sotto la guida degli USA e che si caratterizza per: 
1 − la costruzione dell’attesa prima dell’evento, che orienta il pubblico rispetto ai ruoli dei buoni e dei cattivi 
2 − lo scatenarsi del conflitto nel prime time televisivo americano 
3 − la durata non eccessiva delle operazioni e la loro conclusione certa, perché, in caso contrario, lo spettatore potrebbe stancarsi ⇒ si perderebbe in termini di efficacia e in profittabilità economica. 

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La guerra oggi deve essere fast and light, rapida ed indolore: conviene agli strateghi, ma anche ai media. 
La guerra in Iraq è davvero una guerra globale = le sue ripercussioni vengono valutate da ogni paese secondo i propri interessi. Persino l’Europa tende ad offrire una visione non omogenea del conflitto. 
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Ne emerge un effetto Rashomon = la stessa storia viene raccontata da angolature differenti, con punti di vista diversi e attraverso culture differenti ⇒ non esiste una sola guerra, ma più guerre, che spesso hanno molto poco in comune e il mito dell’obiettività del giornalismo occidentale si incrina di fronte alla sempre maggiore visibilità di molteplici, ed ugualmente valide, verità. 
Naturalmente a presentare la narrazione più distante da quella americana sono le televisioni satellitari arabe ⇒ muore il monopolio dell’informazione occidentale e per la propaganda tradizionale si profila una sfida completamente nuova. 
A peggiorare le cose c’è l’avvento di internet, che favorisce la segmentazione del pubblico e la moltiplicazione dei flussi di informazione. 
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Si apre un dibattito che pone sotto accusa il giornalismo americano post-11 settembre: i media hanno mancato al loro compito di osservare e raccontare la realtà in modo indipendente. Ancora una volta, la loro tendenza a concentrarsi sulle dichiarazioni ufficiali e a non interpretare in modo autonomo la realtà ha trasformato giornali e televisioni in una passiva cassa di risonanza delle strategie di propaganda. 

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
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