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Estasi o en-stasi



Quindi più che all’estasi vari autori si richiamano all’ en-stasi, un paradossale uscire-in-sé, (Evdokimov descrive l’estasi non come un uscire da sé, ma come un assorbimento interiore. Gregorio di Nissa usa il termine epèktasis dove epì=enstasi, l’infinita prossimità di Dio, ed ek=estasi, la tensione amante verso Dio) in cui al moto dell’anima corrisponde il prender dimora dell’Altro nell’anima. L’”iconoclasmo interiore” come in Loyola è motivato con rischi di contraffazione e col fatto che agli esicasti sembra imperfetto immaginare la presenza di Dio fuori di sé, dato che egli abita nel cuore e lì ha la sua sede. Obiettivo primario dell'esicasta sarà dunque non una sorta di meditazione visiva, ma la ricerca del luogo del cuore, nel quale dovrà discendere la preghiera puramente mentale, per realizzare la fusione-senza-confusione del cuore-spirito con la grazia divina, oltre all’unificazione della persona. Luogo del cuore: si tratta di percepire se stessi entro uno stato. Talvolta i padri localizzano il cuore profondo nella parte superiore del cuore fisico, la parte più pura e meno esposta al ribollire delle passioni, che si ha quando è riscaldata la zona inferiore del cuore e le reni fino all’ombelico. Questa fisiologia mistica sembra molto vicina allo yoga e ad altre tecniche orientali. E’ naturale dunque che queste cose suscitassero diffidenze da parte degli occidentali.

Tratto da ASCESI ESICASTA di Dario Gemini
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