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Il colloqio con il paziente schizofrenico


Il ruolo dello psicologo clinico si destreggia tra aspetti istituzionali e contatto personale con il paziente , che è regredito e fissato a livelli di sviluppo libidico molto primitivi. Comprendere un paziente schizofrenico significa contenere le sue angosce e gestire la sua regressione, ciò richiede un lavoro istituzionale d’equipe che traduca significati e bisogni del paziente , spesso espressi in forma non verbale. Tradurli significa anche attuare quegli interventi pratici che li aiutino in un progressivo processo di sviluppo. Per le tecniche di trattamento psicoterapeutico e colloqui condotti in tale ambito si rimanda a specifici training e formazioni stabiliti e delimitati dalla legge.

LA SCHIZOFRENIA: 4 forme= Ebefrenica, Catatonica, Paranoide e Semplice e la cause eziopatologiche si possono trovare in una degenerazione organica celebrale o in un disturbo di ordine metabolico. Il termine schizofrenia venne introdotto allo scopo di enfatizzare l’accento sulla dissociazione delle funzioni psichiche. Bleuler:
-Sintomi fondamentali (in ogni caso e  Comunque presenti)come disturbi di tipo associativo, autismo, disturbi della sfera affettiva, ambivalenza;
-Sintomi accessori (potenzialmente assenti)manifestazioni più eclatanti come allucinazioni e deliri.
Il DSM-III R si descrivono tutte le caratteristiche della schizofrenia che la distinguono dal gruppo delle psicosi non schizofreniche.
Pao da una innovativa e interessante visione della schizofrenia dichiarando che né natura né ambiente possono da soli condurre alla malattia schizofrenica, ma piuttosto l’interazione fra i due, nelle prime fasi dell’infante, certe esperienze possano portare ai disturbi basici dell’esperienza.

Come termine di riferimento del paziente Pao ha inoltre creato una classificazione dei disturbi schizofrenici:
1)La schizofrenia 1: un improvviso episodio acuto e intenso denota la malattia e successivamente ne segue una “guarigione sociale”. Il paziente conserva una certa consapevolezza di quanto sta accadendo attorno a lui ed è la tipologia ad esito prognostico più favorevole che può beneficiare di un trattamento psicoanaliticamente orientato.
2)La schizofrenia 2: i sintomi compaiono a metà del periodo adolescenziale e anche i genitori appaiono inadeguati e spesso personalmente disturbati in maniera severa. Il trattamento psicoanalitico rimane indicato e il decorso è determinato dalla possibilità di procedere o meno al trattamento adeguato.
3)La schizofrenia 3: infanzia e fanciullezza del paziente sono state molto disturbate e l’esordio della malattia può essere ricondotto alla pubertà, caratterizzandosi da manifestazioni autistiche, ritiro affettivo e appiattimento. La prognosi è sfavorevole.
4)La schizofrenia 4: può essere rappresentata da una qualsiasi delle forme precedenti, in seguito a ripetuti ricoveri. Il decorso sembra aver privato il paziente di ogni speranza, cadendo nel baratro dell’appiattimento, indifferenza e sconfitta. La prognosi non è infausta.
L’evoluzione della schizofrenia può avere diversi percorsi:
-completa guarigione  e ritorno alla vita precedente;
-frequenti ricadute alternate a periodi di remissione siontomatologica con parziale ripresa;
appiattimento e deterioramento dell’intera sfera di personalità e di attività.

Tratto da IL COLLOQUIO COME STRUMENTO PSICOLOGICO di Carla Callioni
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