La complessità dell’immigrazione
CLANDESTINO = lo straniero che ha fatto ingresso illegalmente in un paese (ciò lo differenzia dall’irregolare). La clandestinità può iniziare fin dal momento in cui si lascia illegalmente il paese d’origine. Più frequentemente, però, la condizione di clandestinità è dovuta ai limiti imposti dai paesi d’arrivo agli ingressi di stranieri, ai quali viene richiesto il possesso di determinati requisiti.
La clandestinità appare il frutto della discrepanza tra le esigenze di controllo del paese d’arrivo e le esigenze del migrante.
È però conseguenza anche del comportamento di quei paesi in cui l’illegalità viene tollerata perché consente un supersfruttamento = poiché l’immigrato clandestino non può rivendicare diritti, cade facilmente vittima degli sfruttatori, finendo per svolgere una funzione di concorrenza, non tanto nei confronti della manodopera locale, quanto della componente immigrata regolare → negli anni ’70 il fenomeno dei clandestini immigrati è stato definito “la tratta degli schiavi del XX secolo”.
Negli ultimi anni, i diversi stati hanno adottato misure legislative sempre più severe nei confronti della clandestinità, tese sia ad impedire l’ingresso sia a permettere l’espulsione di chi è illegalmente nel territorio. Certo è che, se non coadiuvati da altre iniziative legislative, i rimpatri difficilmente riescono a rappresentare un reale freno al fenomeno dell’immigrazione illegale. Una possibilità concreta di effettuare rimpatri è data invece dalla firma di specifici accordi tra il paese di partenza e quello di arrivo; in genere, i paesi d’arrivo preferiscono ricorrere a sanatorie = l’unica possibilità per il clandestino di modificare la propria posizione irregolare rimanendo nel paese d’arrivo → l’immigrato clandestino spesso si trova di fronte alla difficile scelta se accettare una regolarizzazione della propria situazione (permesso di soggiorno, ma perdita del lavoro) oppure il mantenimento di una condizione di ipersfruttamento, che comunque offre allo straniero alcune garanzie economiche. In Italia, l’esistenza di un racket di sfruttamento di immigrati clandestini è stata denunciata sin dai primi anni ’70. Un primo passo per combattere questa realtà è stato l’approvazione, nel 1981, di una legge, con cui l’Italia si impegnava a far rispettare nel proprio territorio la difesa dei lavoratori stranieri in cambio di uguali opportunità e pari trattamento e a punire i trafficanti che ottengono lucro dall’immigrazione clandestina. Negli ultimi anni, i provvedimenti adottati hanno riguardato, oltre a misure parziali di sanatoria, soprattutto 2 settori di intervento:
1. un controllo più efficace alle frontiere
2. le modalità più efficaci per effettuare le espulsioni dei clandestini
In Italia, le sanatorie sono state effettuate con regolarità, a partire dai primi anni ’80, da tutti gli schieramenti politici che si sono avvicendati alla guida del paese: tra il 1982 e il 2001, 5 procedimenti di regolarizzazione hanno consentito l’emersione di oltre 800.000 persone. È fuori discussione che nella storia italiana recente le regolarizzazioni abbiano rappresentato il più importante fattore di crescita della popolazione straniera regolare. Questo tratto caratteristico non potrà che risultare confermato, quando saranno completate le 2 distinte procedure di “emersione” avviate dal governo Berlusconi con la legge Bossi-Fini del 2002 e con un successivo decreto-legge: con oltre 700.000 domande, infatti, quella in corso si attesta come una delle più imponenti operazioni di regolarizzazione della storia mondiale.
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Autore:
Elisa Bertacin
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze Politiche
- Docente: Piretti Maria Serena
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