La Cina
Cina
Quello che colpisce prima di tutto quando si pensa alla Cina sono le dimensioni: 9 milioni e mezzo di km2. In tutto il mondo, solo 2 stati sono più grandi: la Russia e il Canada.
Se però si passa alla popolazione, allora la Cina diventa primatista indiscussa. Quando si pensa a quell’autentica marea umana di cinesi, viene subito in mente che si tratti di un paese sovrappopolato. In realtà, il caso è più complesso. Infatti, il 90% circa degli abitanti vivono su un territorio che corrisponde a meno della metà dell’intera superficie della Cina → Cina propriamente detta o Cina delle 18 province
Ci sono 2 Cine:
1. Cina propriamente detta: più popolata, dominata dalle pianure, dai grandi fiumi, dall’agricoltura, abitata da coloro che si considerano da secoli il “popolo degli Han”, e cioè i cinesi veri e propri
2. Cina esterna, più vasta, dominata dalle steppe, dai deserti, dagli altipiani, dalle più grandiose catene montuose del mondo, dalla vita nomade degli allevatori, abitata da minoranze etniche di origine turca, mongola, tibetana o altra.
Il contrasto tra questi 2 territori e tra questi 2 insiemi di popolazioni ha caratterizzato per millenni la storia cinese.
Dopo la morte di Mao Zedong (1976), la vita interna della Cina è cambiata in modo rilevante: è stato stabilito un quadro di legalità, è diminuito il ruolo del Partito Comunista, ma non sono comunque stati fatti molti passi verso la democratizzazione della vita politica. Secondo la Costituzione del 1982, la Cina è tuttora uno Stato socialista, retto da una dittatura democratica del popolo, sotto la guida morale del marxismo-leninismo e del pensiero di Mao Zedong. Esistono, oltre al PCC, numerosi partitini democratici, la cui presenza è però pressoché simbolica: di fatto, non c’è elezione che non sia il risultato di una designazione del Partito Comunista. Ed è all’interno del Partito, più che negli organismi statali, che vengono prese le decisioni che contano.
La richiesta di riforme democratiche, di ampliamento delle libertà civili e di un maggiore riconoscimento dei diritti umani è molto diffusa, specie tra studenti e intellettuali, ma viene repressa in genere con durezza → 1989, Primavera di Tian Anmen
Più rilevanti sono le innovazioni introdotte dai successori di Mao nel campo dell’economia:
nelle campagne: si cominciò a smantellare il sistema delle comuni popolari, che era ormai entrato in crisi: la produzione era stagnante, l’organizzazione collettiva deprimeva eccessivamente l’iniziativa dei contadini. Oggi la forma di gestione prevalente nelle campagne è la piccola conduzione familiare: lo Stato resta nominalmente proprietario della terra, ma ne concede il libero uso ai contadini. Lo Stato cerca ora di dare maggiore fondatezza giuridica alla nuova riforma con la concessione dei diritti di uso della terra = certificati che assicurano alla famiglia contadina la gestione del suolo per un periodo abbastanza lungo e che possono essere rivenduti in caso di passaggio ad altra attività.
Il nuovo tipo di gestione ha dato subito risultati promettenti, perché i contadini si sono sentiti stimolati dalla possibilità di accrescere i propri redditi.
Tuttavia, alcune difficoltà sono rimaste e nuovi problemi sono sorti:
1. non rimane che un 15% della superficie totale del paese che deve nutrire più di un miliardo di cinesi, peraltro in continua crescita
2. la superficie coltivata si è venuta riducendo, perché nulla ha potuto impedire che i contadini trascurassero i terreni meno produttivi
3. l’abbandono dei terreni ha aggravato i fenomeni di erosione, già gravi per una sconsiderata attività di deforestazione
4. il governo ha dovuto reintrodurre il razionamento di alcuni generi essenziali
5. in alcune regioni più povere, la produttività sta declinando, perché le singole famiglie contadine non hanno i mezzi necessari
le imprese industriali: si è tornati a privilegiare le aree industriali già consolidate (= Manciuria, Shanghai, Tianjin, Qingdao, Pechino, Nanchino), nell’ipotesi che un loro rapido sviluppo possa trainare anche quello del resto del paese. Per alimentare l’industria, il sottosuolo cinese possiede ingenti risorse di materie prime, fra cui carbone, petrolio, minerali ferrosi, tungsteno, manganese, zinco, stagno, rame, uranio e altri minerali radioattivi.
L’industria meccanica, quella chimica, quella tessile, quella alimentare sono diffuse un po’ dappertutto. Anche settori più avanzati, come l’ elettronica, hanno avuto negli ultimi tempi uno sviluppo notevole, soprattutto nel Sud.
Dal 1978 fu avviato un programma di modernizzazione dell’economia: si introdussero nuovi criteri di produttività e di efficienza e venne allargato lo spazio del libero mercato dei beni. In teoria, lo sviluppo economico viene tuttora orientato da un piano generale, ma l’ iniziativa privata ha visto aumentare progressivamente le proprie possibilità. Un grave problema è dato dalla forte resistenza degli operai delle imprese statali (abituati alla garanzia a vita del posto di lavoro) ad accettare una situazione che comporterebbe ristrutturazioni, mobilità e disoccupazione. Tuttavia, la privatizzazione avanza, anche perché le industrie di Stato continuano ad essere assai meno produttive di quelle private o a capitale misto. Anche i salari operai tendono ormai a differenziarsi, con un aumento sensibile nelle imprese a capitale straniero, minore in quelle private cinesi, minimo in quelle pubbliche
i capitali stranieri: hanno risposto di buon grado all’invito a investire in Cina, attirati da una situazione politico-sociale che appare notevolmente stabile, dall’esistenza di un vastissimo mercato potenziale e da quella di una manodopera numerosa e a costi relativamente bassi
un forte aumento delle esportazioni: oggi la Cina è il quarto esportatore mondiale, dopo USA, Giappone, Germania
un graduale aumento dei redditi pro capite, sia pure con forti e crescenti differenze tra città e campagna: ha fatto sì che si sviluppasse un ceto sociale benestante e un mercato interno
una grande attenzione a investire anche in ricerca e sviluppo: il governo punta, da qualche anno, a stimolare la ricerca della qualità e non solo della quantità della produzione.
Questo sviluppo tumultuoso, concentrato lungo le zone costiere, sta accentuando le differenze tra le diverse province della Cina. Questo squilibrio si identifica solo in parte con quello tra popolazione urbana e contadini. Le famiglie contadine rappresentano ancora il grosso della popolazione; per loro, le condizioni di vita sono generalmente peggiori, più povere e culturalmente limitate.
Gli sforzi del governo centrale per contenere gli squilibri si scontrano con il moltiplicarsi delle iniziative spontanee e anche con una certa tendenza delle province più ricche a esercitare un’autonomia di fatto.
Insieme al malcontento dei contadini e alle resistenze opposte al nuovo corso dagli operai delle imprese statali, la disoccupazione è oggi una delle cause principali di tensione sociale.
Le contraddizioni dello sviluppo non si fermano qui: la crescita non riguarda in maniera omogenea tutti i settori, alcuni dei quali restano arretrati e insufficienti, facendo da freno allo sviluppo → energia, trasporti
La disordinata rapidità dello sviluppo produce, poi, soprattutto nelle aree industriali, un forte inquinamento atmosferico, sicché i problemi dell’ecologia cominciano ad apparire all’ordine del giorno, in tutta la loro gravità.
L’improvviso apparire della possibilità di facili ricchezze non stimola solo l’inventiva dei singoli, ma anche una corruzione sempre più diffusa. Anche la criminalità comune è in crescita nelle grandi città.
Infine, un problema che resta assai grave è quello demografico. Solo a metà degli anni ’70 si è cominciato a preoccuparsi di controllare e ridurre le nascite. Le misure intraprese sono assai drastiche: vanno dall’innalzamento dell’età del matrimonio fino all’applicazione di sanzioni economiche per le famiglie che abbiano più di un figlio. Ma queste misure si sono rivelate insufficienti e pare che vengano spesso eluse.
L’eccesso di popolazione rispetto alla limitatezza delle risorse può costituire un grave freno per lo sviluppo del paese.
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Autore:
Elisa Bertacin
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze Politiche
- Docente: Piretti Maria Serena
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