La perdita delle colonie italiane in Africa
La perdita delle colonie italiane in Africa
Tutte le nostre colonie furono occupate militarmente dagli inglesi durante la seconda guerra mondiale; l’Africa Orientale Italiana fu presa nel ’41 ed occupata dagli inglesi, solo l’Etiopia ridivenne indipendente: il negus Haile Selassie ritornò ad Adis Abeba, l’occupazione italiana era durata appena cinque anni. La Libia fu invasa dagli alleati nel 1943. All’articolo 23 il trattato di pace privava l’Italia di tutte le sue colonie e metteva anche a suo carico le spese di guerra relative.
Alla fine del conflitto si discusse sulla sorte di Eritrea, Somalia e Libia. Nella situazione guerra fredda che si venne a produrre i quattro grandi non seppero trovare un accordo ed il governo De Gasperi tentò anche di ottenerne la riassegnazione tramite mandato onu. Il fatto è che in Libia ed Eritrea americani ed inglesi avevano istallato importanti basi militari; l’urss difendeva il diritto all’indipendenza delle nazioni africane ma era franata dalla Francia, preoccupata che la stessa logica potesse venire applicata al Maghreb.
ERITREA
L’Eritrea era la colonia primigenia, quella in cui più marcata era l’impronta lasciata dagli italiani e che aveva sempre goduto di una posizione speciale nella nostra politica in Africa. Sullo scacchiere l’Eritrea era importante per gli americani, che avevano istallato ad Asmara una stazione per il controllo delle comunicazioni di primaria importanza, e rappresentava il tradizionale sbocco al mare dell’Etiopia. Il ritorno degli italiani come amministratori temporanei in vista dell’indipendenza era osteggiato dall’Etiopia e anche da inglesi e russi, che semmai avrebbero voluto occuparsene personalmente. Del resto la stessa via dell’indipendenza non pareva conveniente: storicamente l’Eritrea non era mai stata un vero e proprio stato, ma un territorio sempre spartito fra terzi e principalmente sotto l’influenza etiope. Aveva acquisito unità solo grazie alla colonizzazione italiana, che però aveva anche aumentato la già abbastanza netta divisione fra popolazione musulmana (favorevole all’annessione al Sudan britannico o all’indipendenza) e la parte cristiana, favorevole al ricongiungimento con l’Etiopia.
L’Onu esitò a lungo prima di decidere e alla fine prevalse una linea ambiguamente a favore dell’unione con l’Etiopia (anche su pressione americana che voleva ingraziarsi il negus per evitare che venisse cooptato dall’Urss). Nel 1952 l’Eritrea divenne un “entità autonoma” federata all’Etiopia anche se la cosa presentava numerosi inconvenienti: prima di tutto la capitale federale e le mansioni di governo federale erano interamente svolte da Adis Abeba; in secondo luogo l’Eritrea adottava forme di governo democratiche mentre l’Etiopia era in sostanza una monarchia feudale. Comunque la situazione proseguì, sebbene in maniera un po’ stentata, fino al ’62, quando il governo eritreo, in mano agli unionisti, ruppe gli induci è votò a favore dell’annessione piena all’Etiopia. Incominciò un periodo di semiguerra che sarebbe durato trent’anni e avrebbe portato l’Eritrea all’indipendenza di fatto nel 1991 e di diritto nel ’93, in seguito al collasso del regime militare in Etiopia.
LIBIA
In Libia il governo italiano capì subito di non avere alcun margine di iniziativa nonostante i ventimila italiani ancora residenti nel paese. La regione era importante per americani ed inglesi che vi avevano istallato due basi militari, e l’Urss aveva fatto sapere di essere interessata alla Tripolitania nel caso in cui si fosse deciso per l’amministrazione fiduciaria. Si scelse perciò la strada dell’indipendenza, che fu approvata a larga maggioranza dall’Onu il 21 novembre 1949, la Libia divenne una monarchia indipendente. Successivamente Gheddafi avrebbe conquistato il potere e cacciato brutalmente gli ultimi italiani rimasti, ma questa è un'altra storia.
SOMALIA
Le possibilità italiane di rimanere in Africa, sia pure a tempo determinato, si ridussero perciò alla sola Somalia, territorio arretrato e strategicamente poco importante. Sfumato un piano inglese di creare una grande Somalia, l’Onu si decise ad affidare all’Italia il paese in vista dell’indipendenza per il periodo 1959-1960. La Somalia era (ed è ancora oggi) uno dei paesi africani più poveri e frammentati a livello di nazionalità. Come abbiamo visto prima di essere eretta a colonia italiana non era mai stato uno stato unito, ma sempre e solo un territorio frammentato fra molti poteri locali e stranieri. Nel 1950 era divisa in Somalia italiana, Somalia inglese e Somalia francese (Gibuti).
Il primo giugno 1960 si concluse l’amministrazione italiana (giudicata positiva dall’Onu) e la Somalia italiana divenne indipendente, ricongiungendosi poco dopo con quella britannica; Gibuti invece divenne indipendente nel ’77, ma non scelse di unirsi alla Repubblica somala.
Sempre nel ’77 la già instabile situazione politica del nuovo stato fu pericolosamente scossa dalla guerra con l’Etiopia per il controllo della regione etiope del Ogaden (vedi cartina), abitata perlopiù da popolazioni somale. Conclusasi con un armistizio la guerra con l’Etiopia è stata presto sostituita da una guerra civile e poi dalla secessione della ex-Somalia britannica, diventata indipendente di fatto nel 1991, mentre la ex Somali italiana scivolava sempre più in un’anarchia senza uscita. Ma anche questa è un’altra storia, assai triste per la verità. Oggi la Somalia è uno stato senza governo, diviso dai conflitti etnici e religiosi; neppure le organizzazioni umanitarie riescono ad operare nel paese, tanta è l’anarchia e lo sfacelo.
Ciò che resta dell'Italia
Quanto ai coloni italiani nell’AOI il loro numero si era già notevolmente assottigliato durante gli anni della guerra e in quelli immediatamente successivi. Un impulso aggiuntivo all’esodo è venuto dalla guerra fra Etiopia ed Eritrea cominciata nel ’62, dalle vicende burrascose poi scoppiate nella stessa Etiopia e infine dal conflitto con la Somalia nel ’77. Privati dei loro privilegi e delle proprietà sono rimasti nel Corno solo gli italiani troppo poveri per partire e chi aveva ormai lì le sue radici. Con la brutale espulsione della comunità italiana dalla Libia si concluse quel che rimaneva del nostro colonialismo.
Quanto alla nostra lingua, la Libia è sempre stato un paese arabo con una sua cultura ben radicata; la Somalia dopo un primo momento in cui l’italiano rimase la lingua dotta, mise per iscritto il somalo e oggi ciò che rimase dell’italiano è stato spazzato via dalle guerre e dall’anarchia; in Eritrea ed Etiopia l’italiano scompare man mano che muoiono le generazioni che con esso ebbero a che fare e oggi ne rimane ben poco. Quanto alle tracce culturali rimane molto poco: in Somalia c’è solo guerra e anarchia, in Etiopia la dominazione italiana è stata talmente breve (solo 5 anni) che quasi non si può parlare di decolonizzazione; in Libia gli italiani sono stati cacciati dal primo all’ultimo, Gheddafi ha imposto il socialismo e l’islam. Solo l’Eritrea, con la sua stessa esistenza, i suoi confini, costituisce l’eredità lampante della dominazione italiana in Africa. Altrove rimangono a fiera testimonianza solo le strade, le ferrovie, i ponti e gli acquedotti che gli italiani costruirono fra le due guerre e nel secondo dopoguerra come riparazioni; se non altro quindi sono rimaste le cose più buone che avevamo fatto per l’Africa.
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