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Scritte in pittura: la semiotica del linguaggio visivo

Scritte in pittura: la semiotica del linguaggio visivo


La natura del libro comprende per il pittore che l’illustra un problema speciale: in quanto opera scritta il libro è campo di segni visivi non mimetici, che gli studiosi del linguaggio chiamano convenzionali o arbitrai, che sollecitano nel lettore una modalità di percezione prescritta (nel tempo): il lettore scorre la parola da sinistra a destra o da destra a sinistra, a seconda della lingua, e segue nel foglio un ordine serrato di allineamenti orizzontali successivi dall’alto in basso. Un disegno o un dipinto su un campo scritto pone all’artista un problema: come integrare lo scritto posto sulla superficie della pagina, con l’ordine più libero di un’immagine statica o di azione che si svolge in una profondità spaziale suggerita. L’immagine in sé può includere pezzi di scrittura: non ci sono solo le etichette che aiutano il lettore a identificare il soggetto. A volte raffigurano il parlato in maniera ingenua come in una sequenza di lettere che escono dalla bocca di una persona effigiata nella miniatura, l’azione del parlato è simulata da parole poste nel quadro. Il parlato appartiene al parlante in maniera diversa dalle parole del testo li accanto: in certe illustrazioni medievali di libro e anche sculture, mosaici, pitture parietali le figure reggono dei rotoli nei quali è trascritta la registrazione delle loro parole. È il rotolo stesso a diventare segno del discorso. Un'altra difficoltà insista nell’inserimento dello scritto in
un’immagine è che per l’occhio la parola scritta non ha lo stesso rapporto spaziale dei segni pittorici: la firma dell’artista in un dipinto di paesaggio o di interni è posta di solito nel primo piano, in una profondità simulata, come gli alberi, le case e le figure.

Tratto da SEMIOTICA di Alessia Muliere
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