L’egemonia spartana (404 - 371)
Intanto in madrepatria Sparta godeva i frutti della sua vittoria su Atene. Le città che avevano fatto parte della Lega di Delo e che si erano alleate a Sparta per liberarsi del giogo di Atene, scoprirono che quello di Sparta era anche peggiore. Furono infatti cooptate nella Lega del Peloponneso divenendo parte dell’Impero di Sparta e venendo sottoposte ad una tassazione di tipo coloniale.
A differenza di Atene, infatti, Sparta non aveva alcuna vocazione marinaresca e commerciale e perciò l’unico modo che seppe inventare per trarre utilità dalle sue nuove acquisizioni fu quello di sottoporle ad una severa tassazione. Inoltre essa fondava la sua forza sulla rigidissima educazione dei suoi cittadini, gli spartiati, i quali erano in numero davvero troppo esiguo per controllare un impero così vasto; così, per assicurarsi garantirsi uno stabile controllo delle città che lo componevano, iniziò a reprimere ogni libertà e ad imporre anche alle polis di tradizione democratica governi aristocratici. Fu quello che successe - esempio fra tutti - ad Atene, dove fu insediato un governo spietatamente oligarchico, il Governo dei trenta tiranni. Ma l’idea di assicurare la coesione dell’Impero tramite l’instaurazione di governi amici che avessero bisogno dell’appoggio spartano per sopravvivere si rivelò fallace: ad Atene infatti il governo oligarchico fu abbattuto meno di un anno dopo dai fuoriusciti democratici, i quali con l’appoggio di tutta la popolazione cittadina, compresa la stessa aristocrazia inorridita di fronte agli eccessi compiuti dai “trenta tiranni”, restaurarono la democrazia. Esperienze identiche a quella ateniese accaddero in molte altre polis dell’Impero spartano, mettendo in luce l’impreparazione di Sparta al governo dei nuovi territori e la sua incapacità di trasformarsi politicamente ed economicamente in una capitale imperiale come era stata l’Atene di Pericle. Sparta insomma, aveva vinto la guerra ma stava perdendo la pace.
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