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Il potere sacerdotale romano

Il potere sacerdotale romano


Sarebbe sbagliato parlare al singolare del sacerdozio romano o del potere sacerdotale romano. Queste funzioni non possono essere esaminate che sotto la visuale della pluralità, e cioè rapporto a un contesto sociale preciso. Le situazioni religiose a Roma erano multiformi e quindi le competenze sacerdotali numerose. Così la ricchezza delle figure romane del sacerdozio è lontana dall’esaurirsi nella distinzione tra quelli che sono detti sacerdoti e quelli che non portano questo titolo, o tra sacerdozi pubblici e privati. Quale che fosse la categoria in causa essa comportava sempre degli attori cultuali alcuni dei quali erano detti sacerdoti, altri no. Inoltre accanto al potere sacerdotale di Roma esisteva una moltitudine di cariche sacerdotali nelle varie città. Un romano poteva incrociare e frequentare quotidianamente i responsabili religiosi di comunità straniere stabilitesi sulle rive del Tevere, sia che si trattasse di Egiziani, Greci, Ebrei, o dell’Asia Minore e della Siria, comunità che esercitavano tutte forme di irradiamento spirituale e i cui culti diventarono spesso parte integrante del patrimonio religioso del popolo romano: prima della vittoria definitiva del cristianesimo il numero e la natura di sacerdoti romani non ha mai cessato di arricchirsi. Sacerdoti romani erano tutti colori che esercitavano atti cultuali per una determinata comunità. I sacerdoti propriamente detti avevano una qualità in più: erano i depositari del diritto sacro che erano i soli ad amministrare e sviluppare e in questo ministero erano necessariamente assistiti dal senato che da parte sua non esercitava alcuna attività cultuale.


Tratto da L'UOMO NELLA SOCIETÀ ROMANA di Alessia Muliere
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