Lo strano, il fantastico e il meraviglioso: la beffa allo spettatore in Twin Peaks
Seguendo per un attimo Todorov (1970, 18), potremmo dire che dal giallo di detection arriviamo allo strano (rimanendo nel registro realistico), sfondando poi nel fantastico strano (soprannaturale spiegato) e infine nel meraviglioso puro fantascientifico: “racconti in cui, partendo da premesse irrazionali, i fatti si concatenano in modo perfettamente logico”. L’esitazione costitutiva del fantastico fra una spiegazione naturalistica e una soprannaturale degli eventi è affidata solo parzialmente a qualche personaggio. In particolare, lo sceriffo Truman rappresenta spesso lo sbigottimento davanti a accadimenti contraddittori, misteriosi, incredibili; e anche Albert (un collega di Cooper) tenta sempre di riportare ogni cosa ad un piano di razionalità esplicativa. Ma è altrettanto vero che le ricerche private non si scontrano con il soprannaturale, mentre l’investigazione di Cooper non ha soluzione di continuità tra reale e soprannaturale, poiché egli è già dotato di una competenza che oltrepassa la razionalità e si apre su poteri divinatori e paranormali. In sostanza, dell’esitazione si fa carico prevalentemente l’enunciatario, colpito nella sua disposizione a credere e ad attendere.
Il percorso proiettivo completo dello spettatore lungo Twin Peaks presenta una forte tensione iniziale (compartecipazione attraverso installazioni proiettive estremamente complesse ed efficaci), una sospensione dilatata centrale (esitazione) e una distensione finale nello spae-samento cognitivo (teatro delle illusioni e beffa enunciazionale). Lo spettatore giocato o il gioco con lo spettatore sono rilevabili, quindi, anche a livello della dimensione del segreto della ricerca investigativa. Se all’inizio vi è una coerenza del segreto e del programma cognitivo di ricerca che poi man mano si decompongono, così anche la coesione dell’essere tensivo dell’enunciatario progressivamente si sfalda, si disunisce, si disperde.
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