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La strada come setting


L’educatore di strada opera, inizialmente, per conoscere le modalità dell’aggregazione informale attraverso una mappatura dei gruppi, delle loro modalità di fruizione del territorio, dei loro rituali e delle loro pratiche di socializzazione.
La mappatura dei gruppi procede inizialmente in modo indiretto, attraverso la rilevazione delle rappresentazioni provenienti dal mondo adulto che ha a che fare quotidianamente con i ragazzi in strada. Contemporaneamente, si realizza una mappatura diretta, attraverso un’osservazione non partecipata, esplorando il territorio alla ricerca di conferme e scarti rispetto al quadro descritto dai testimoni privilegiati. II terzo momento della mappatura è di carattere relazionale e comprende i primi contatti con i gruppi segnalati e osservati, sempre perseguendo ed esplicitando l’intenzione conoscitiva che ne è alla base.
Il contatto implica l’ingresso dell’educatore all’interno degli spazi del gruppo e costituisce un primo momento di verifica dei confini e delle caratteristiche del contesto aggregativo. L’educatore che si presenta al gruppo si trova di fronte a un contesto che è già mutato, che non è più quello naturale, ma che assume alcuni tratti di artificialità.
La disponibilità relazionale dei gruppi informali di fronte a un adulto che si avvicina al loro territorio lascia sempre molto stupiti: sono rari gli episodi di rifiuto. La disponibilità relazionale da parte del gruppo comporta, però, un rischio di fondo da tenere presente: la ricerca dell’adulto in ruolo di complice o di spettatore delle proprie condotte trasgressive. Spesso la provocazione è la modalità comunicativa più utilizzata dai ragazzi per mettere alla prova l’educatore ed è proprio nel trattamento di questa che si gioca la possibilità di trasformare l’incontro tra educatori e ragazzi in uno spazio di elaborazione.
Consumo di sostanze, sessualità e affettività, comportamenti a rischio diventano inevitabilmente oggetto di conversazione, di scambio e di progressiva co-costruzione di significati. L’educatore di strada non accetta passivamente le azioni provocatorie messe in scena dal gruppo ma offre una disponibilità al dialogo,  sollecita i ragazzi a esprimere emozioni e il senso dei loro comportamenti.
L’incontro tra il gruppo e gli educatori può diventare uno spazio istituente temporaneo: a differenza degli spazi istituiti, ai quali i gruppi informali generalmente sfuggono per vivere il loro tempo libero, è uno spazio di negoziazione costante, che viene costruito di volta in volta a partire da proposte e iniziative dei ragazzi stessi.
L’educatore deve proporre una temporalità differente e differenziata nella quale, ad esempio, i momenti per la conoscenza reciproca e per il confronto collettivo siano distinti da quelli dedicati al dialogo individuale, in cui il tempo per la proposta di partecipazione a un’attività ordinaria sia distinto da quello, straordinario, dedicato al coinvolgimento del gruppo in un evento particolare.
È la rapidità a scandire il ritmo delle interazioni possibili in strada, non solo per la discontinuità degli incontri, ma anche perché, spesso, in pochi attimi sorgono domande, vengono espresse esigenze, emergono significati che devono essere trattati immediatamente.
L’efficacia di un intervento educativo in strada è determinata dalla capacità di stabilire un legame, quindi dal saper comunicare attenzione, fiducia.

Tratto da L'EDUCAZIONE DIFFICILE di Anna Bosetti
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