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"Umano, troppo umano". Scienza, arte e morale in Nietzsche



La pubblicazione di Umano, troppo umano (1878) segna una svolta decisiva nella filosofia di Nietzsche Da questo momento la scienza non è più vista negativamente ma è sostituita dall’arte nel suo ruolo di costruttrice di vera conoscenza. Essa più che come possibilità di giungere a conoscenze oggettive, nella scienza vede una “forma di atteggiamento metodico”. Quello che Nietzsche vuole dire è che la scienza non è importante perché pretende di essere una scienza disinteressata alla ricerca della verità, quanto perchè fa parte della vita, dell’impulso vitale che spinge l’uomo alla conoscenza, così come la filosofia. Anzi bisogna riconoscere che spesso la scienza è passata attraverso gli errori e si è servita di quelli per progredire. Allo stesso modo la morale si è costruita a partire da errori inconsapevoli, che la stessa tradizione filosofica non ha mai messo in discussione. Per riuscire a tirar fuori tutti i presupposti sbagliati sui quali la morale si è fondata per secoli bisogna fare un’analisi storica disinteressata, una sorta di genealogia della morale. L’uomo oggi non può essere considerato come unico a se stante, immutabile, ma un essere in divenire, frutto di uno sviluppo che prosegue verso il futuro. Per questo motivo la morale si è basata prima di tutto su presupposti umani, “troppo umani”. Una filosofia storica è in grado di dimostrare lo sviluppo di un qualcosa che oggi sembra assodato e parte integrante dell’uomo, mentre invece è solo il frutto di uno sviluppo storico. Il divenire è di per sé innocente afferma Nietzsche quindi la morale scaturisce da una falsa e spesso ingenua interpretazione della natura.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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