L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e la tutela contro la pubblicità ingannevole
Le modalità di attivazione per ottenere la tutela e il procedimento seguito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)
In Italia, la competenza ad applicare la disciplina in materia di pubblicità ingannevole è stata affidata nel 1992 all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che è la stessa Autorità che applica la legge antitrust. Tale organo è infatti stato istituito dalla legge 287/1990 (c.d. legge antitrust).L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale ha sede a Roma, è un organo preposto alla cura dell’interesse generale e al corretto funzionamento del mercato, tutelando, quindi, sia i consumatori sia i concorrenti dalla pubblicità ingannevole.
Essa va ricompresa tra le “Autorità amministrative indipendenti“: è amministrativa in quanto opera secondo i principi del diritto amministrativo, di conseguenza anche le sue istruttorie sono basate sulla disciplina di tale diritto, in particolare sulla trasparenza del procedimento, sugli obblighi informativi nei confronti delle parti in causa e sul diritto di accesso agli atti; è indipendente in quanto è autonoma dal potere esecutivo, e quindi perfettamente rispondente al requisito dell’imparzialità, ossia pur dovendo inviare una relazione periodica al Parlamento sull’andamento della sua attività, non risponde del suo operato al governo.
L’imparzialità e l’autonomia dell’AGCM sono inoltre garantite dalle modalità di nomina dei suoi membri e dalle categorie all’interno delle quali essi possono essere scelti: il Presidente ed i quattro componenti dell’AGCM sono nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, restano in carica sette anni e, alla scadenza, il loro incarico non può essere rinnovato.
Il Presidente viene scelto tra persone di notoria indipendenza che abbiano ricoperto alte cariche istituzionali, mentre i componenti sono scelti sì tra persone di notoria indipendenza, ma, più in particolare, tra magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti o della Corte di Cassazione, professori universitari ordinari di materia economiche o giuridiche e personalità provenenti da settori economici dotati di alta e riconosciuta professionalità.
Tutti coloro che fanno parte dell’AGCM devono attenersi ad un codice etico, che è stato approvato nel 1995. Quest’ultimo stabilisce che l’attività di questi soggetti deve essere preordinata all’imparzialità, alla riservatezza, ed alla correttezza.
Inoltre, tale codice si occupa della questione del conflitto di interessi, statuendo che “il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività dell’Autorità che possano coinvolgere, direttamente o indirettamente, interessi finanziari o non finanziari propri o di parenti entro il quarto grado o conviventi” e dell’invio di regali, affermando che “il dipendente non accetta, neanche in occasione di festività, per sé o per altri, regali o altre utilità aventi valore economico da soggetti in qualsiasi modo interessati dall’attività dell’Autorità, ad eccezione di regali d’uso di modico valore”.
Il soggetto incaricato di assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nel codice etico è un magistrato, il quale viene nominato dall’AGCM, resta in carica sette anni e non può essere riconfermato.
Il segretario generale, nominato dal Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dirige il funzionamento dell’Autorità, rispondendo della sua attività al presidente.
I membri dell’Autorità non possono assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali e industriali.
Il legislatore italiano ha deciso di non affidare all’autorità giudiziaria il compito di applicare la disciplina sulla pubblicità ingannevole, ma di affidarlo ad un’autorità amministrativa, in quanto la lentezza del sistema di giustizia italiano, dovuta all’eccessivo lavoro, non avrebbe permesso di soddisfare quell’esigenza di celerità che richiede necessariamente il sistema della pubblicità.
L’Autorità è, invece, in grado di decidere con quella rapidità necessaria per bloccare in maniera tempestiva le pubblicità ingannevoli.
Gli strumenti che sostanzialmente ha a disposizione l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per contrastare i casi di pubblicità ingannevole sono i provvedimenti inibitori, che consistono nell’impedire la diffusione o la continuazione del comportamento scorretto, e le sanzioni pecuniarie.
Tale sistema, di natura amministrativa, non pregiudica comunque la possibilità per il consumatore di agire innanzi al giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno. Quest’ultimo utilizzerà, a tal fine, le regole generali in tema di responsabilità civile.
Il sistema di tutele in questa materia è, infatti, binario: dunque, l’AGCM ha il compito di tutelare l’interesse generale al corretto funzionamento del mercato, mediante l’irrogazione di sanzioni amministrative; al giudice ordinario è invece affidata la tutela civilistica dei singoli soggetti danneggiati dalla pubblicità ingannevole.
La scelta di un “doppio binario” (amministrativo e giudiziario) per la tutela contro la pubblicità ingannevole suscitò in passato delle critiche, in quanto era diffuso il timore che da ciò potessero sorgere provvedimenti contrastanti in relazione alle medesime fattispecie. La giurisprudenza ha, però, chiarito come le due forme di tutela siano in realtà tra loro autonome, in quanto poste a tutela di interessi diversi: in particolare, come già detto, l’AGCM persegue l’obiettivo di tutelare, nell’interesse della collettività, il corretto funzionamento del mercato; il giudice ordinario si occupa, invece, di proteggere gli interessi dei privati (concorrenti o consumatori) lesi dalla pubblicità ingannevole delle imprese.
E’ necessario sottolineare che l’intervento dell’AGCM non avviene solo quando un soggetto sia stato concretamente ingannato; la semplice idoneità di un messaggio pubblicitario ad ingannare rende possibile l’intervento dell’Autorità, consentendo così una protezione preventiva del pubblico.
Non è necessario, infatti, che si verifichi un danno a carico di un soggetto, essendo sufficiente la mera idoneità a pregiudicare il suo comportamento.
L’Autorità Antitrust, nel caso di pubblicità ingannevole, mentre prima del d.lgs. 145/2007 non poteva agire d’ufficio, oggi si può attivare sia d’ufficio, sia a seguito di una denuncia di parte, la quale può provenire da ogni soggetto od organizzazione che ne abbia interesse, cioè da singoli consumatori, da associazioni di consumatori, da imprese concorrenti, da associazioni di imprese e da ogni Pubblica Amministrazione che ne ha interesse.
Ognuno di questi soggetti può chiedere all’Autorità Garante che siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole e che ne siano eliminati gli effetti.
Per quanto riguarda il consumatore che denuncia, si può in realtà ritenere che, nel momento in cui egli si attiva, rappresenti in realtà la classe dei consumatori. Infatti, il soggetto che denuncia non può trarre alcun vantaggio personale, in quanto, se è già stato ingannato, non sarà l’Autorità a risarcirlo; se non lo è ancora stato, probabilmente non lo sarà mai, dato che, avendo attivato la denuncia, si comprende come abbia scoperto l’inganno. Egli attiva dunque un procedimento attraverso il quale l’Autorità persegue la tutela di interessi pubblici. L’intervento dell’Autorità è, quindi, posto a tutela dell’interesse collettivo dei consumatori, e non del singolo denunciante.
La denuncia deve contenere i dati identificativi del denunciante (non sono infatti consentite denunce anonime) e la copia del messaggio pubblicitario denunciato, indicando i motivi per i quali lo si ritiene ingannevole.
Il procedimento istruttorio che l’Autorità deve seguire nei casi di pubblicità ingannevole è disciplinato dal DPR 284/2003. Esso deve garantire il contraddittorio fra le parti e il diritto di accesso agli atti.
Quando l’Autorità riceve la segnalazione di una presunta pubblicità ingannevole, instaura la fase pre-istruttoria in cui essa verifica innanzitutto se la denuncia è completa, regolare e se non è manifestamente infondata.
Durante tale fase, si raccolgono tutti gli elementi che possono servire all’Autorità per decidere se proseguire, entrando quindi nella fase istruttoria, o meno.
Se la verifica sulla fondatezza della pretesa ha esito negativo, cioè non sussistono i presupposti per un approfondimento, la denuncia viene archiviata dall’Autorità, dandone comunicazione al denunciante.
Se invece tale verifica ha esito positivo, la Direzione competente comunica l’avvio del procedimento istruttorio sia a chi ha presentato la denuncia, sia a chi ha diffuso il messaggio pubblicitario, assegnando un termine entro il quale possono essere presentate memorie scritte da parte dei soggetti interessati.
Nel corso del procedimento, l’Autorità esamina il messaggio e le memorie eventualmente ricevute.
Quando il messaggio contiene informazioni concrete (prestazioni del prodotto, dati tecnici, ecc.), l’Autorità può disporre l’inversione dell’onere della prova, prevedendo che sia l’operatore pubblicitario, e non il denunciante, a fornire la prova della veridicità delle affermazioni contenute nel messaggio da lui diffuso, se tale esigenza risulti giustificata dalle circostanze del caso.
In tal caso, se la prova richiesta non viene fornita o è ritenuta insufficiente, la pubblicità sarà ritenuta ingannevole.
Se il messaggio pubblicitario è diffuso attraverso la stampa, la radio o la televisione o altro mezzo di telecomunicazione, l’Autorità deve richiedere, prima di pronunciarsi, un parere circa la sua ingannevolezza all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Tale parere non è però vincolante, nel senso che l’Autorità può discostarsene.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha poteri investigativi, che comprendono la possibilità di effettuare ispezioni, al fine di controllare i documenti aziendali, di disporre perizie e di consultare esperti, e di richiedere a qualsiasi soggetto che ne sia in possesso le informazioni ed i documenti rilevanti per l’accertamento dell’infrazione. Ai soggetti a cui viene richiesto di fornire tali documenti o informazioni viene inflitta una sanzione amministrativa pecuniaria se rifiutano di fornire tali elementi ovvero se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri.
Se l’Autorità, con la decisione finale, accerta l’ingannevolezza del messaggio, può imporre all’operatore pubblicitario il divieto di diffondere il messaggio (nel caso in cui tale messaggio non sia ancora stato portato a conoscenza del pubblico) o di continuarne la diffusione (nel caso in cui, invece, tale diffusione sia già iniziata) e, per eliminare gli effetti prodotti dal messaggio pubblicitario illecito, può imporre al medesimo soggetto l’obbligo di pubblicare la decisione dell’Autorità a sue spese a mezzo stampa, o attraverso la radio o la televisione, oppure mediante la pubblicazione di un’apposita dichiarazione di rettifica, anch’essa a sue spese.
Il provvedimento dell’Autorità che accerta l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario viene infatti pubblicato sul Bollettino settimanale dell’Autorità.
Non sempre, però, il semplice divieto di continuare la diffusione dei messaggi ingannevoli annulla gli effetti della pubblicità, soprattutto nel caso in cui l’ingannevolezza del messaggio sia particolarmente grave, e, dunque, in grado di rimanere a lungo nella memoria dei destinatari, inducendoli così, anche in futuro, ad acquistare quel prodotto.
Inoltre, non la totalità del pubblico legge abitualmente il Bollettino, per cui è probabile che un soggetto non venga a conoscenza della dichiarata ingannevolezza di un messaggio.
Per far sì che ciò non accada, dunque, l’Autorità può disporre, appunto, che l’operatore pubblicitario pubblichi a sue spese, su un quotidiano o attraverso la radio o la televisione, il provvedimento dell’Autorità oppure una dichiarazione di rettifica nella quale vengano indicati i motivi di illiceità del messaggio.
Considerando, però, che i procedimenti sono troppo lenti perché si concludano prima della cessazione delle campagne pubblicitarie, si desume che la minaccia dell’inibitoria abbia scarsa efficacia. Maggior preoccupazione genera invece negli operatori pubblicitari il rischio di essere condannati a pubblicare l’estratto del provvedimento, o la dichiarazione rettificativa, dato che tale pubblicazione è sempre piuttosto costosa.
L’Autorità dispone anche di un potere di sospendere in via cautelare la diffusione della pubblicità, ma di tale potere essa si avvale in rare ipotesi.
A questi provvedimenti si aggiunge una sanzione amministrativa pecuniaria, che, tenuto conto della gravità e della durata della violazione, può andare da 5.000 a 500.000 euro e che, nel caso il messaggio pubblicitario possa comportare un pericolo per la salute o la sicurezza dei consumatori, oppure sia rivolto a bambini e adolescenti, non può essere inferiore a 50.000 euro.
In caso di particolare urgenza, l’Autorità può poi disporre la sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole.
Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità, l’Autorità può rinunciare all’accertamento dell’infrazione se l’impresa che ha diffuso il messaggio ingannevole si impegna a porre fine all’infrazione, cessando la diffusione del messaggio oppure modificandolo in modo da eliminare la sua ingannevolezza. In tal caso, l’Autorità può anche obbligare l’operatore pubblicitario a pubblicare a sue spese la dichiarazione di assunzione di tale impegno.
Questo strumento assicura all’AGCM un risparmio in termini di risorse amministrative, dato che la presentazione degli impegni da parte dell’impresa deve avvenire entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento istruttorio; inoltre, esso rappresenta anche un vantaggio per l’impresa che lo assume, in quanto, da un lato non le viene irrogata la sanzione, dall’altro evita in questo modo una pubblicità negativa sul mercato che invece essa subirebbe nel caso venisse condannata.
L’operatore che subisce una condanna per pubblicità ingannevole è ad ogni modo tenuto a rispettare quanto disposto dall’Autorità, interrompendo immediatamente la diffusione del messaggio e, se richiesto, effettuando la pubblicazione della dichiarazione di rettifica.
Nel caso in cui i provvedimenti adottati dall’Autorità Antitrust non vengano rispettati dai destinatari, l’Autorità applica ad essi una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 10.000 a 150.000 euro e, nel caso di ripetuta violazione di questi provvedimenti o decisioni, l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni.
Contro la decisione dell’Autorità Antitrust si può ricorrere esclusivamente al giudice amministrativo, in particolare al TAR del Lazio (entro sessanta giorni) e, in secondo grado, al Consiglio di Stato.
E’ fatta salva la competenza del giudice ordinario per quanto riguarda il risarcimento del danno causato dalla pubblicità ingannevole, ad esempio se questa configura un caso di concorrenza sleale a norma dell’art. 2598 del Codice Civile.
Differenze tra gli attuali poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e quelli previsti anteriormente al 2007
Possiamo quindi effettuare un confronto tra la vecchia e la nuova disciplina riguardo ai compiti e ai poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.Il d.lgs. 145/2007 attribuisce all’Autorità il potere di intervenire d’ufficio e le conferisce poteri di sospensione e sanzione nei confronti degli operatori pubblicitari che dovessero violare le norme sull’attività pubblicitaria.
L’AGCM dispone, in materia di pubblicità ingannevole, di ampi poteri, analoghi a quelli che può esercitare in materia di antitrust, tra cui il potere di acquisire informazioni da chiunque ne sia a conoscenza, un potere ispettivo e il potere di accettare impegni da parte dell’operatore pubblicitario.
I poteri sanzionatori dell’Autorità sono stati rafforzati: in caso di pubblicità ingannevole, la sanzione irrogata può raggiungere 500.000 euro (partendo da un minimo di 5.000 euro), mentre, prima del 2007, la sanzione poteva andare da 1.000 euro a 100.000 euro.
Inoltre, anteriormente al decreto in esame, nei casi più gravi, l’ammenda non poteva essere inferiore a 25.000€, invece, in base alla nuova normativa, tale quota è raddoppiata.
Tuttavia, si è notato che, in realtà, l’avvenuto aumento delle sanzioni non costituisce un valido strumento per incentivare le imprese a non tenere comportamenti scorretti, dal momento che le sanzioni applicabili appaiono esigue per le società il cui bilancio è molto elevato.
L’Autorità ha inoltre il compito di emanare il regolamento che regola la procedura istruttoria volta all’accertamento dell’infrazione. Anteriormente all’adozione del decreto legislativo in oggetto, il compito di definire tali regole era invece affidato al Governo.
L’Autorità ha emesso quindi, il 15 novembre 2007, il Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, che, analogamente al d.lgs. 145/2007, introduce importanti novità, tra cui le più importanti sono le seguenti:
• L’Autorità può ora intervenire anche d’ufficio.
• La nuova procedura comporta un allungamento dei tempi, dai precedenti 75 giorni a 120 giorni, ed è prevista una attività pre-istruttoria.
• In base alla normativa previgente, a fronte di una denuncia l’Autorità doveva sempre avviare l’istruttoria. La nuova disciplina ha invece introdotto la fase pre-istruttoria, in modo da limitare il numero di casi che saranno poi oggetto della fase istruttoria e rendere, quindi, più rapida l’azione amministrativa. L’Autorità può procedere all’archiviazione qualora ritenga, sulla base degli elementi da essa acquisiti, “che non vi siano i presupposti per un approfondimento istruttorio”.
• L’Autorità, in caso di particolare urgenza, può disporre anche d’ufficio la sospensione della pubblicità ritenuta ingannevole.
• Il regolamento dispone che, entro cinque giorni dal ricevimento del provvedimento di sospensione provvisoria della pratica commerciale, il professionista debba comunicare all’Autorità l’avvenuta esecuzione del provvedimento. La disciplina previgente imponeva invece di dare “immediata comunicazione” all’Autorità dell’avvenuta esecuzione, senza prevedere scadenze specifiche.
• E’ stata infine introdotta la disciplina relativa agli impegni, non prevista precedentemente: al di fuori dei casi di manifesta scorrettezza e gravità, l’Autorità può ottenere dal professionista l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della pubblicità ingannevole e modificandola in modo da eliminare la sua illegittimità.
Continua a leggere:
- Successivo: Caso pratico in materia di pubblicità ingannevole: sentenza della Corte di Cassazione n. 794/2009 sulle sigarette "Light"
- Precedente: Un accenno al contesto internazionale: la normativa sulla pubblicità ingannevole negli altri Paesi
Dettagli appunto:
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto della comunicazione
- Docente: Carlo Berti
Altri appunti correlati:
- Diritto dell'informazione e dei media
- Sistemi Informativi e Trend Digitali
- Semiotica e Comunicazione
- L'età della propaganda
- Fare comunicazione, teoria ed esercizi
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Televisione e minori in Europa. Analisi e confronto tra i sistemi di tutela di Gran Bretagna, Italia, Norvegia.
- Comunicazione e pubblica amministrazione: il caso del Comune di Pescara
- La Cancel Culture nel Sistema Moda
- Guerrilla marketing: storia, caratteristiche e applicazioni attuali del marketing non convenzionale
- Communication & marketing in Walt Disney Case: The little mermaid
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.