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Implicazioni educative dei risultati della ricerca sulle emozioni in adolescenza


Dal punto di vista teorico, sono quattro i principali contributi che hanno alimentato la ricerca di proposte operative articolate, da spendersi nel contesto scolastico, fermo restando l’interesse proveniente dall’approccio psicodinamico al tema delle emozioni e dell’affettività a scuola e, più di recente, l’attenzione per la formazione degli insegnanti alla luce della teoria dei “sistemi motivazionali interpersonali” e del loro legame con le emozioni.
Un primo contributo proviene dal costrutto teorico di competenza emotiva. Si tratta di un insieme di abilità che si sviluppano fin dalla prima infanzia e che riguardano sia gli aspetti “cognitivi”, come la comprensione delle emozioni o le strategie di coping, sia quelli interpersonali, come l’empatia.
A partire dalla scuola materna, se non già al nido, è possibile programmare percorsi di educazione emotiva che hanno come obiettivo aiutare i bambini a sviluppare o ad apprendere particolari abilità, come dare un nome alle proprie emozioni, riconoscerle negli altri o usarle in modo efficace negli scambi interpersonali.
Un secondo contributo pro viene dall’ambito della metacognizione. Questo termine e il relativo approccio di studi si diffondono in psicologia e in parallelo all’affermarsi del filone di studi sulla “teoria della mente”. Per metacognizione si intende una cognizione sulla cognizione (o di secondo ordine): essa riguarda, tra l’altro, il controllo attivo e la conseguente regolazione dei processi cognitivi (per es., di memoria, di comprensione, o di problem-solving) in relazione agli obiettivi cognitivi e al servizio di qualche scopo concreto.
Un terzo contributo deriva dagli studi sull’intelligenza emotiva, un particolare tipo di competenza sociale che consiste nella conoscenza delle emozioni, nella loro gestione in se stessi e negli altri, nella loro regolazione e nel loro utilizzo a fini creativi.
Infine, vi è la teoria razionale-emotiva, nota anche come terapia razionale-emotiva (o RET), secondo la quale le reazioni emozionali agli eventi sono influenzate dal modo con cui l’individuo si rappresenta mentalmente gli stessi.
Sulla scorta della RET sono stati messi a punto percorsi di alfabetizzazione socio-affettiva che puntano ad aiutare i bambini ad ascoltare i propri pensieri, a dialogare con se stessi, a pensare “in modo positivo” attraverso attività didattiche in cui un obiettivo importante è quello di imparare il rapporto tra pensieri ed emozioni.
Il problema maggiore, nell’ambito dell’educazione emotiva a scuola, riguarda la formazione di coloro che la attuano. Infatti, non esiste una formazione specifica o una figura professionale deputata a occuparsi di educazione emotiva.
La strada meno complessa sembrerebbe essere quella che vede la realizzazione, soprattutto nei cicli della scuola materna ed elementare, di un’ attività di educazione emotiva svolta da una o più figure professionali all’interno di una programmazione specifica, condivisa dall’intero corpo insegnante.
Il rischio potenziale infatti e che ci si improvvisi ‘educatori emotivi semplicemente avendo letto qualche libro che propone schede e attività, senza avere serie conoscenze di psicologia delle emozioni e senza, soprattutto, avere effettuato un lavoro personale, su di sé, circa le proprie conoscenze e capacità di espressione e regolazione delle emozioni. Questa attività formativa è invece una condizione indispensabile per “lavorare con le emozioni degli altri”.
Gli strumenti più noti per un’educazione emotiva a scuola sono per lo più pensati per soggetti in età evolutiva fino alla preadolescenza. Non riguardano, pertanto, quella fascia di età che va dai 13/14 ai 19 anni circa.
Man mano che si cresce negli ordini scolastici, infatti, diminuiscono tanto gli strumenti a disposizione quanto il tempo che effettivamente la scuola è disposta a dedicare all’educazione emotivo-affettiva.
Tuttavia, proprio nella fase del ciclo di vita della preadolescenza e adolescenza una particolare sensibilità dell’adulto nei confronti del compless_o mondo interno dei ragazzi non può che essere auspicabile. All’insegnante non si chiede di “insegnare” la comprensione delle emozioni agli adolescenti in crisi, o la capacità di regolazione degli stati emotivi. Tuttavia, mettendo a disposizione degli insegnanti strumenti di lettura e comprensione dell’esperienza emotiva in adolescenza, li si rende più competenti nel sostenere i percorsi di crescita dei propri ragazzi, i quali potranno imparare a utilizzare le esperienze emotive di valenza diversa come strumenti di maturazione e costruzione dell’identità.
Anche riguardo al contesto familiare sono ravvisabili diverse proposte di intervento psicologico a valenza educativa.
Il modo con cui l’adulto tratta le emozioni nel rapporto con il figlio influisce sul modo con cui questi sviluppa competenze nel modulare le proprie emozioni in maniera socialmente adeguata ed efficace. L’attenzione alla formazione psico-educativa in questo ambito appare quindi in tutta la sua rilevanza.

Tratto da ADOLESCENZA E COMPITI DI SVILUPPO di Anna Bosetti
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