I presupposti della cartografia moderna
La tendenza a rappresentare porzioni sempre più grandi di territorio cresce nel Seicento e nel Settecento, grazie al fatto che per il rilevamento topografico si potevano utilizzare strumenti sempre più precisi, come il sestante, il teodolite e il cannocchiale. Nasce così la cartografia geodetica, che si avvale dell'esecuzione di rilievi topografici basati sul sistema della triangolazione, secondo il metodo studiato dall'olandese Snellius nel 1617, e sull'applicazione delle prime tecniche scientifiche per la rappresentazione del rilievo, perfezionate da Lehmann (tratteggio con luce zenitale) e da Dupain Triel (isoipse). Molto importanti, in materia di coordinate geografiche, furono gli studi compiuti dai Francesi per la determinazione e la misurazione del meridiano di Parigi, studi cominciati da Picard. César François è considerato l'iniziatore della cartografia topografica moderna, in quanto diede l'avvio alla grande carta topografica di Francia, che si componeva di 182 fogli a scala 1:86.400, denominata Carta del Cassini o Carta dell'Accademia, realizzazione portata a termine dal figlio Jacques Dominique. Sempre a studiosi francesi si devono le misurazioni sulla forma e le dimensioni della Terra: vengono organizzate due spedizioni dall'Accademia delle Scienze, una diretta in Lapponia e l'altra nell'attuale Ecuador, nel corso delle quali si scoprì che la dimensione dell'arco di meridiano era maggiore all'equatore e diminuiva in vicinanza dei poli e si provò lo schiacciamento polare, dando conferma a una teoria di Newton: ciò diede precisione matematica alla cartografia, eliminando dalle carte gli errori, in primo luogo quello che dai tempi di Tolomeo si ripeteva circa il Mar Mediterraneo, troppo dilatato in longitudine. I francesi svilupparono anche nuove proiezioni: la proiezione sinusoidale (Sanson), la conica modificata (Delisle) e la proiezione equivalente ( Lambert). A Pascal, filosofo e fisico, si deve la prova della diminuzione del valore della pressione atmosferica in rapporto al crescere dell'altitudine. Tale prova ebbe come conseguenza la costruzione di un altro importante strumento, l'altimetro, costituito da un barometro aneroide.
Enormi progressi vennero fatti per quanto riguarda l'esplorazione degli oceani, grazie al perfezionamento della navigazione marittima. Le caravelle vennero modificate in imbarcazioni più grandi, i galeoni; poi si costruirono velieri ancora più grandi, con lo scafo ad altezza uniforme sulla superficie dell'acqua e con due o tre alberi, dotati di strumenti per la determinazione precisa della posizione, in rapporto anche alla direzione e alla velocità della nave. Per conoscere la velocità della nave ci si serviva della sagola del solcometro dei piloti, graduata in nodi (1/120 del miglio marino); conosciuti quanti nodi venivano percorsi in 30 secondi (120a parte dell'ora), si potevano conoscere le miglia coperte in un'ora. Per essere precisi al massimo, però, bisogna aspettare l'invenzione del cronometro. Gli errori che derivavano dall'impossibilità di un'esatta determinazione della longitudine nel corso della navigazione ritardarono e complicarono la conoscenza proprio dei mari e delle isole: non di rado, accanto a isole realmente esistenti, se ne segnalavano altre immaginarie, oppure una stessa isola veniva segnalata in due differenti posizioni. Per questo stesso motivo si pensava che negli oceani ci fosse un numero più grande di scogli e di isole di quelle reale e la navigazione doveva perciò svolgersi solo a vista, di giorno; in caso di nebbia fitta, si tiravano colpi di cannone per poter calcolare la distanza dalla terra. Tutti questi problemi furono risolti sul finire del XVIII secolo con l'invenzione degli orologi marini e dei cronometri.
A mano a mano che le misure delle coordinate geografiche si facevano più precise, i viaggi per terra e per mare non furono più soltanto di esplorazione, ma si trasformarono in spedizioni di studio, per la conoscenza scientifica delle regioni esplorate. Infatti il grande sogno era quello di scoprire e di studiare il continente australe, ritenuto essenziale all'equilibrio della Terra e tante volte immaginato e raffigurato fantasiosamente nelle carte.
Uno dei primi navigatori inviati alla scoperta del continente australe fu Yves Joseph de Kerguélen-Trémarec, il quale, convinto di essere arrivato sul continente australe, approdò invece nell'isola che porta il suo nome. Ma è soprattutto nell'Oceano Pacifico che si diressero i navigatori, all'indomani del 1763, anno in cui si concluse la guerra dei sette anni. Dal 1764 al 1767 gli inglesi Byron, Wallis e Carteret attraversarono questo oceano da Capo Horn a Batavia (Jacarta). Tra il 1766 e il 1769 Bougainville compì un viaggio di circumnavigazione del globo, che ebbe una grande risonanza. Partì da Brest, attraverso lo stretto di Magellano, toccò le isole Tuamotu, le Samoa, le Nuove Ebridi, l'arcipelago delle Salomone e le Bismark, per tornare poi a Saint Malo.
Il viaggiatore però più importante di questo periodo fu James Cook, che a 13 anni si imbarcò come mozzo a bordo di una nave adibita al trasporto di carbone, nel 1755 entrò nella marina reale e gli venne dato l'incarico di effettuare il rilevamento delle coste di Saint Pierre, Miquelon, Terranova e Labrador, che Cook portò a termine costruendo una carta che fu molto apprezzata dall'Ammiragliato inglese. Per costruirla, aveva calcolato, osservando l'eclissi di sole del 5 agosto 1766, la longitudine di Terranova. Per questi suoi meriti gli fu affidata una spedizione nel Pacifico meridionale, al fine di osservare il passaggio di Venere sul Sole, previsto per il mese di giugno 1769. Cook partì da Plymouth il 25 agosto 1768, accompagnato da alcuni scienziati, giunse a Tahiti e alle isole della Società, compiendo la missione astronomica, e poi toccò la Nuova Zelanda, dove procede alla rilevazione delle coste in soli 6 mesi, per dirigersi quindi sulla costa orientale dell'Australia e approdare nella baia nella quale sorgerà Sidney, tornando il 12 giugno 1771. I risultati ottenuti spinsero il governo inglese ad affidare a Cook una seconda missione, che durearà 3 anni (1772-1775). Cook partì da Plymouth, con l'incarico di risolvere definitivamente il problema del continente australe, ritornato in auge dopo la scoperta della Nuova Zelanda. Con 4 scienziati, 2 naturalisti e 2 astronomi, superò il Capo di Buona Speranza e si spinse fino alla latitudine di 71° sud senza incontrare nessuna terra, quindi si diresse di nuovo verso nord, ma in direzione est, e toccò la Polinesia meridionale, le Isole Marchesi, le Nuove Ebridi, la Nuova Caledonia e le isole Georgia del Sud. Nel 1776 gli fu affidato il comando di una terza spedizione, che aveva il compito di trovare il passaggio tra l'Atlantico e il Pacifico attraverso le regioni boreali. Raggiunse il Pacifico e attraversò lo stretto di Bering, senza però riuscire a trovare il passaggio di Nord-Ovest, trovato un secolo più tardi. Nel corso del viaggio, scopre le isole Cook, tocca le isole Sandwich (le Hawaii) e si spinge fino alla California, dove però non può approdare a causa di una forte tempesta. Si rivolge quindi verso le isole Sandwich, dove cerca riparo per le navi, ma dove trova la morte combattendo contro gli indigeni. Il capitano Clarke, che lo seguiva, riuscì a salvarsi e a ricondurre in patria il resto della spedizione il 4 ottobre 1780.
François Galoup de la Pérouse effettua la rilevazione della costa asiatica compresa tra il Giappone e il Mar di Ohotsk. Fu inviato dal governo francese in missione per mettere a punto i problemi scientifici sollevati dalle spedizione di Cook. Partì da Brest nell'estate del 1785 al comando di due navi, sulle quali erano imbarcati molti scienziati; doppiò Capo Horn e raggiunse il Pacifico nel 1786, toccò le isole di Pasqua e le Hawaii, effettuando una revisione dei valori di longitudine; raggiunse e 60° latitudine nord e la costa dell'Alaska dominata dal monte di Sant'Elia, e proseguì fino alla Baia di Monterey, in California, effettuando osservazioni scientifiche e rilievi carografici. Dalla costa californiana, attraverso l'oceano, giunse nella Cina meridionale; da qui si dirige verso le Filippine; rileva minuziosamente la costa della Manciuria e dimostra che Sahalin è un'isola. Nel 1788 si dirige ancora più a sud e tocca Samoa, Tonga e la Botany Bay in Australia. Queste notizie, però, furono desunte dal giornale di bordo: i resti delle sue navi furono trovati solo nel 1837 nei pressi di una piccola isola delle Nuove Ebridi.
Queste grandi spedizioni marinare determinarono l'inesistenza del grande continente australe e delinearono invece l'esistenza di un emisfero oceanico, in cui i mari occupano una superficie due volte pari a quella delle terre emerse. L'esplorazione dei territori interni del continente africano ha inizio nel 1788, con la costituzione dell'African Association, che aveva come obiettivi l'esplorazione dell'Africa e l'apertura di nuovi mercati per il commercio britannico. Questa esplorazione si può dividere in tre fasi: la prima (1788-1849), con la sola conoscenza del Sudan; l'era dei grandi viaggi effettuati da vari esploratori (1849-1889) che permise la conoscenza dei nuovi territori; il momento della puntualizzazione scientifica delle notizie e delle missioni particolari (1889-fine del secolo).
Per quanto riguarda l'esplorazione dell'America meridionale, hanno grande importanza i viaggi di Alessandro von Humboldt, il quale, con il naturalista Aimé Bonpland, effettuò un viaggio nell'America centrale e meridionale, fissando oltre 200 posizioni geografiche e raccogliendo informazioni climatiche, botaniche e geologiche. Altre spedizioni furono compiute da François d'Orbigny (Brasile meridionale, Uruguay e Argentina), da Wallace e Bates (Amazzonia), da Moreno (Patagonia), da Crevaux (Guyana e nel bacino dell'Orinoco) e da Rondon e Hamilton Rice (Amazzonia).
La conoscenza dell'America settentrionale fu completata da Frémont e da Powell e da numerosissime missioni geologiche che si occuparono del rilevamento morfologico delle catene montuose occidentali.
Esplorazioni delle zone interne dell'Australia si ebbero solo dopo il 1825 con Stuart ed Eyre e tra il 1850 e il 1875, sempre grazie a Stuart e a Warburton.
L'esplorazione delle zone polari fu l'ultima in ordine di tempo. Le aree settentrionali furono attraversate per la prima volta da Nordenskiold tra il 1878 e il 1879; la Groenlandia fu esplorata da Nansen nel 1888. Il Polo Nord venne raggiunto nel 1909 da Peary (in slitta), da Amundsen e da Byrd (in aereo) e da Nobile (in dirigibile). L'esplorazione delle coste dell'Antardide fu compiuta dal 1838 al 1843 da François Dumont d'Aniville, Wilkes e Ross, cui fecero seguito spedizioni scientifiche come la Belgica, la Discovery e la Pourqoi-Pas?. Il Polo Sud fu raggiunto per la prima volta da Amundsen il 14 dicembre 1919; Scott vi arrivò il 17 gennaio 1922, ma morì nel viaggio di ritorno. Le esplorazioni continuarono sia con l'ausilio delle slitte che con gli aerei.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Elisabetta Pintus
[Visita la sua tesi: "L'individuazione di nuovi segmenti turistici: ''il turismo danzante''"]
- Università: Università degli Studi di Cagliari
- Facoltà: Scienze Economiche e Aziendali
- Corso: Marketing
- Esame: Geografia e Cartografia
- Docente: Cosimo Palagiano, Angela Asole, Gabriella Arena
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