I pregiudizi della marca
La marca è però oggi vista attraverso tre pregiudizi:
Il primo consiste nel dire che le marche accaparrano la ricchezza senza ridistribuirla.
Gli avversari della mondializzazione citano sovente come esempio gli stipendi vigenti nelle fabbriche decentrate delle multinazionali. Ma questo problema non riguarda le marche: al contrario nella gran parte dei casi, gli stipendi versati dalle grandi marche risultano superiori, allo stipendio medio dei paesi presi in considerazione e sono accompagnati da vantaggi diversi.
Ma la logica dell’immaginazione va ben al di là di una stretta logica del profitto, spesso l’immagine di una marca si gioca nel codice di condotta che regge i suoi rapporti con l’insieme del suo ambiente economico: fornitori, sub fornitori, addetti, clienti e concorrenti.
Altro pregiudizio vicino al precedente: l’idea secondo la quale tutte le marche si servono della loro notorietà e della loro potenza per esercitare pressioni sui prezzi dei loro fornitori.
Ma molti non sanno che questo fenomeno dipende spesso da una distribuzione di prodotti non di marca. La ricerca della qualità può al contrario condurre le marche a reperire, e a pagare l’eccellenza presso i loro fornitori. L’ultimo pregiudizio pretende che le marche facciano pagare a prezzi elevati la ricchezza che esse distribuiscono. Questa argomentazione è in parte giusta ma le marche non “pilotano” in modo assoluto i redazionali della stampa. Infatti ciascuno si unifica e uniforma a suo modo nei confronti delle pressioni delle marche, ciò non esclude fortunatamente l’esercizio di un libero arbitrio da parte della stampa. Possiamo citare l’esempio, dei giornalisti del New York Times che restituivano sistematicamente i regali di valore alle aziende appellandosi al codice deontologico del loro giornale.
Presentare l’informazione come schiava delle marche equivale soprattutto a dimenticare un po’ troppo in fretta che senza le marche, non ci sarebbe pubblicità e dunque neppure o molta poca stampa, radio e tv indipendente.
Le marche sono all’origine dell’abbondanza della pubblicità e questa sostiene delle attività di diffusione dell’informazione e della cultura in modo pluralistico diversificato e innovativo.
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