Sistemi di immobilizzazione di cellule animali: colture con microcarrier
I microcarriers sono delle piccole sfere caricate positivamente o negativamente adatte per l'immobilizzazione, attraverso interazioni con le proteine di membrana, di cellule diploidi normali o cellule primarie che sono dipendenti da ancoraggi. I microcarriers sono distinti in due grandi categorie: i microcarrier solidi e quelli macroporosi. I primi consistono in piccolo sferette di diametro che va tra i 100 e i 300 μm e permettono l'attacco di cellule sulla superficie, anche grazie alla presenza di gruppi chimici, che vanno ad interagire con le proteine di membrana e favoriscono l'adesione cellulare. Di solito sono costituiti da destrano, gelatina, vetro (è possibile riutilizzarli) o cellulosa e le cellule usate più comunemente sono i fibroblasti, gli epatociti, le cellule renali o quelle endoteliali. I microcarriers macroporosi, costituiti da collagene o gelatina, invece, hanno nel loro interno dei pori con un diametro di decine di micrometri. Quindi lo spazio all'interno dei pori permette la crescita delle cellule non solo sulla superficie,come avveniva nella precedente tipologia, ma viene, inoltre, favorita l'interazione cellula-cellula (tissue engineering) e la densità cellulare finale risulta essere molto più elevata. La scelta tra questi, ed altri tipi di microcarriers, dipende in primo luogo dall'obiettivo della cultura. Ad esempio, nel caso utilizziamo cellule prodotte da colture primarie stabilizzate, i microcarriers costituiti da destrano risultano essere i migliori. Se le cellule, invece, devono essere tripsinizzate si utilizzano microcarriers di vetro o di cellulosa. Quindi come ben si può capire, la loro scelta dipende anche dalla morfologia delle cellule che devono essere immobilizzate.
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Dettagli appunto:
- Autore: Domenico Azarnia Tehran
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
- Corso: Scienze Biologiche
- Esame: Biotecnologie cellulari
- Docente: Tocco
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