Definizione di eutanasia
Il termine si usa soprattutto per indicare la condotta diretta a produrre o accelerare o a non far nulla per evitare o ritardare la morte della persona assistita, allorché questo sia affetta da una malattia:
a. inguaribile,
b. caratterizzata da una sintomatologia dolorosa grave,
c. giunta allo stadio terminale e perciò con previsione di evento mortale a breve scadenza.
In realtà, per il nostro ordinamento il medico non è mai legittimato, quali che siano la diagnosi e la prognosi, ad attivarsi per accelerare l’evento mortale.
Si è soliti distinguere dalla eutanasia attiva la cosiddetta eutanasia passiva: la prima si verifica per commissione e consiste nell’intervenire attivamente somministrando al paziente sostanze letali; la seconda si basa su una condotta omissiva o astensionistica nella quale, di fronte a pazienti in fase terminale, si sospendono intenzionalmente cure essenziale al mantenimento della vita del paziente (anche questo comportamentoè di regola penalmente sanzionabile, a meno che esso assuma il significato di rifiuto dell’accanimento terapeutico e vengano contestualmente attuate cure palliative a tutela della dignità della vita del morente).
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Medicina Legale, a.a. 2008/2009
- Titolo del libro: Compendio di medicina legale
- Autore del libro: L. Macchiarelli, P. Arbarello, G. Cave Boni, N.M. Di Luca e T. Feola
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