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La politica economica nell’Unione Europea – Jean-Paul Fitoussi


L’evoluzione dell’Unione Europea è caratterizzata da un paradosso: la sua costruzione ha richiesto sostanziali abbandoni di sovranità da parte degli Stati che la compongono, ma contemporaneamente non vi ha sostituito una sovranità europea. E se le democrazie nazionali accettano di legarsi le mani per permettere alla cosa pubblica di divenire europea, ma allo stesso tempo la cosa pubblica su europea non è governata secondo i principi della democrazia, allora emerge un deficit democratico a livello sia degli Stati che dell’Unione.

La politica macroeconomica dell’Unione, vale a dire lo strumento utilizzato dai governi per fornire alle società un’assicurazione collettiva sull’attività economica, soffre di carenze analoghe, nonostante sia un tema di fondamentale importanza.

Per condurre la propria politica economica, l’Unione Europea si serve principalmente di tre istituzioni: la Banca centrale europea (BCE), il Patto di stabilità e crescita e la direzione generale per la concorrenza della Commissione europea. Dal punto di vista della sua architettura globale, questo dispositivo evoca la forma di una federazione. In realtà, se il termine federazione non è quasi mai pronunciato, è perché le modalità di governo economico dell’Unione sono più simili ad una gestione mediante autorità indipendenti che ad un processo politico di decisione.

Che l’orientamento delle politiche economiche dell’Unione sia indipendente da ogni processo democratico è contrario alle tradizioni politiche dei popoli europei e pericoloso per l’efficienza economica complessiva. L’impossibilità di fatto per gli elettori europei di influire sulle regole che sovrintendono alla loro vita quotidiana costituisce una limitazione delle libertà politiche.



Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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