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Il decentramento produttivo e le esternalizzazioni


Da un punto di vista generale, il fenomeno dell’intermediazione ed interposizione nel rapporto di lavoro si manifesta sotto forme giuridiche diverse: si va dalla fornitura o c.d. somministrazione della forza-lavoro, all’interposizione nel cottimo, all’appalto e al subappalto di manodopera.
Tratto comune di questi fenomeni è la presenza di un soggetto terzo, intermediario tra i prestatori di lavoro e le imprese utilizzatrici.
L’obiettivo perseguito dagli imprenditori attraverso il ricorso a questi strumenti giuridici è evidente: utilizzare la mano d’opera assunta formalmente da terzi, comprimendo il costo del lavoro ed evitando di assumere in via diretta il personale.
Laddove il profitto dell’intermediario/interposto è ottenuto ricavando un margine di lucro dalla differenza tra il monte-salari dei lavoratori occupati e il costo sopportato dall’impresa committente.
In questa prospettiva si può comprendere il motivo per cui nel 1960 il legislatore aveva sancito un generale “divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro”.
Diversamente dall’attività della mediazione, l’attività intermediatrice più che alla formazione-conclusione del contratto è finalizzata al soddisfacimento della domanda di lavoro delle imprese.
Accanto a queste fattispecie interpositorie, l’economia presenta ulteriori fenomeni che vanno al di là della semplice intermediazione, per realizzare fattispecie di vero e proprio decentramento produttivo.
Questo fenomeno è contraddistinto dalla dislocazione all’esterno dell’azienda principale di segmenti del complessivo processo produttivo (c.d. esternalizzazione o outsourcing).
Questo fenomeno si caratterizza per il ricorso a tipologie diversificate di contratti sia commerciali (appalto, franchising, subfornitura, cessione di contratti, ecc…), sia di lavoro (lavoro autonomo, parasubordinato, lavoro a domicilio, telelavoro, ecc…)
Queste caratteristiche spiegano come il fenomeno esaminato non sia visto con favore dai sindacati, soprattutto perché diminuisce l’effettiva tutela del lavoratore.

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