Liquidazione o ristrutturazione: le considerazioni di tipo economico
Una volta chiarita la situazione aziendale, la prima scelta dell’advisor è relativa all’alternativa liquidazione/ristrutturazione. Da un punto di vista economico, la scelta dovrebbe essere guidata dal principio della massimizzazione dell’efficienza ex-post, ovvero della scelta dell’opzione che garantisce la migliore allocazione delle risorse e consente di minimizzare i costi di gestione della crisi. La liquidazione dovrebbe essere preferita alla ristrutturazione quando l’impresa vale più morta che viva, quando cioè il valore recuperabile in caso di liquidazione è superiore al valore economico dell’impresa dopo la ristrutturazione al netto dei costi connessi alla ristrutturazione. Viceversa, la ristrutturazione dovrebbe essere preferibile se il valore dell’impresa risanata al netto dei costi di ristrutturazione è superiore al suo valore di liquidazione. I creditori dell’impresa, su cui ricade in buona parte il costo della ristrutturazione e a cui spetta la decisione circa l’approvazione o meno del paino di ristrutturazione, hanno spesso posizioni di natura diversa nei confronti dell’impresa e possono avere quindi interessi divergenti e valutazioni differenti circa la preferibilità dell’alternativa liquidazione/ristrutturazione. L’esistenza di conflitti di interessi tra le diverse categorie di creditori può ostacolare l’adozione della soluzione ottimale. In particolare si possono generare due tipologie di inefficienze:
1. overinvestment, ovvero la possibilità che l’impresa sia mantenuta in vita e continui ad assorbire risorse anche quando la liquidazione è la scelta ottimale;
2. underinvestment, ovvero la possibilità che l’impresa venga liquidata quando invece la ristrutturazione è la scelta migliore.
I criteri che spiegano la scelta di una o l’altra alternativa sono:
• La rinegoziazione del debito con le banche. Poiché in genere il numero delle banche è inferiore rispetto a quello degli altri creditori e la loro esposizione è superiore, è plausibile che la prima ipotesi di rinegoziazione del debito veda coinvolti i creditori bancari. Una banca dovrebbe optare per la ristrutturazione piuttosto che per la liquidazione quando i ricavi attesi dalla ristrutturazione, al netto dei costi, sono maggiori del valore di liquidazione dell’impresa di competenza della banca stessa. Una banca posta di fronte all’alternativa tra una liquidazione dalla quale, in virtù della sua posizione privilegiata, potrebbe recuperare una parte significativa del suo debito, e una ristrutturazione in cui a fronte dei costi elevati godrebbe di benefici limitati poiché in parte divisi con gli altri creditori, potrebbe a ragione decidere di non sostenere la ristrutturazione e di non investire in nuovi progetti, anche se ciò consentirebbe di aumentare il valore dell’impresa generando una situazione di underinvestment. Il problema dell’underinvestment è minore quando il valore dell’impresa ristrutturata è elevato. Se tutti i creditori ricevono dei benefici dalla ristrutturazione, il problema di trasferimento di ricchezza da una categoria di creditori a un’altra viene trascurato. Il problema del’underinvestment tende, inoltre, a essere minore quando la posizione dei creditori non è troppo differente oppure quando un creditore ha una posizione decisamente rilevante rispetto agli altri. Se la posizione dei creditori è simile il problema di trasferimento di ricchezza dalla banca agli altri creditori non si presenterebbe. Allo stesso modo, se la posizione della banca fosse maggiore di quella degli altri creditori e, di conseguenza, anche le sue perdite in caso di liquidazione più rilevanti, l’incentivo alla ristrutturazione sarebbe maggiore. La possibilità di trasferimenti di ricchezza può far sorgere anche il problema opposto, l’overinvestment. La banca potrebbe decidere di sostenere la ristrutturazione anche se inefficiente perché questo aumenta il valore degli assets cui ha diritto. Ciò può accadere quando, per esempio, la banca ha diritto a un ammontare limitato di un valore di liquidazione complessivamente elevato.
• La rinegoziazione con gli altri creditori. Se l’impresa ha emesso delle obbligazioni, un modo alternativo per rinegoziare il debito potrebbe essere quello di rivolgersi agli obbligazionisti e concordare con loro un paiano di ristrutturazione che preveda lo scambio delle vecchie obbligazioni con nuove obbligazioni. Gli obbligazionisti vantano nei confronti dell’impresa crediti per lo più di limitato ammontare e la ristrutturazione del debito attraverso il ritiro delle vecchie obbligazioni e l’emissione di nuove obbligazioni di minore valore (per il risanamento dell’impresa è richiesta agli obbligazionisti la rinuncia a parte del loro debito) fa sorgere un problema di free riding. La presenza di molti piccoli creditori può portare a un rifiuto del piano di ristrutturazione anche quando la sua accettazione rappresenta la soluzione ottimale per la categoria degli obbligazionisti nel suo complesso. Un altro problema consiste nell’hold-out (ossia chi sopporta i costi della ristrutturazione genera benefici che ricadono su tutti. Dunque ogni singola banca ha un incentivo a non accettare il piano di ristrutturazione nella speranza che siano le altre a farlo e a sostenerne i costi). Le soluzioni per superare l’hold-out potrebbero essere: imporre l’automatic stay dei creditori vietado loro di avviare azioni esecutive, imporre un elevato quorum per l’approvazione dell’ offerta di rinegoziazione, penalizzare i creditori che decidono di non partecipare al piano di ristrutturazione, assegnando a coloro che invece partecipano titoli con una seniority maggiore o con una vita residua minore a quella dei titoli esistenti. Ciò implica però una violazione dell’Absolute Priority Rule (APR) ovvero delle regole che stabiliscono le priorità nel rimborso dei vari crediti in caso di crisi dell’impresa. Infine, un’ultima soluzione è lo stralcio dei crediti di minore entità.
• Il ricorso a nuova finanza. La terza possibilità a disposizione dell’impresa, in alternativa o unitamente alla ristrutturazione del debito con le banche o con altre categorie di creditori, è la raccolta di nuovi finanziamenti. La decisione di concedere nuove risorse ad un’impresa in crisi è sempre molto complessa. Dal punto di vista economico i finanziatori sono disposti a farlo solo se il beneficio netto della ristrutturazione è superiore al trasferimento di ricchezza a favore dei vecchi creditori.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Alessandra Depaola
[Visita la sua tesi: "Obiettivi di performance e strategie aziendali. Il caso Krifi S.p.A."]
- Università: Università degli Studi di Ferrara
- Facoltà: Economia
- Esame: Economia delle aziende di credito
- Docente: Prof. Andrea Calamanti
- Titolo del libro: Corporate e Investment Banking
- Autore del libro: G. Forestieri
- Editore: Egea
- Anno pubblicazione: 2005
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