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La Dissociazione


• Come si può definire?
Difesa adattiva sana, non qualcosa che compare solo in situazioni di anormalità. Viene utilizzata universalmente da persone che si trovano davanti a stress eccessivi o pericoli per la vita.
A volte la dissociazione però può anche non essere difensiva, questo può succedere a tutti, non soltanto a persone non sane.

Comunque se non influisce sul funzionamento della persona è meccanismo sano, altrimenti no.

Si potrebbe pensare quindi che la dissociazione possa essere lungo un continuum, dissociazione lieve, moderata e grave (dissociazione frequente e interferisce con l’attività del soggetto, lavorative, interpersonali ecc.) quindi la problematica è dimensionale perché si distribuisce lungo un continuum.

Molto spesso gli stessi pazienti non riescono ad identificare i sintomi, di conseguenza molto spesso questi disturbi non vengono considerati anche se sono molto frequenti, più di quello che si possa pensare.

Gli individui mettono in atto la dissociazione per sopravvivenza e creano stati di coscienza alterati che permettono di sopravvivere a stress molto forti, questo permette di far fronte allo stress del momento ed alle conseguenze.

Alcune delle persone che hanno avuto questa dissociazione sono state intervistate. Hanno avuto un numbing emozionale (torpore) con acutizzazione dei sensi, rallentamento dello scorrere del tempo, accelerazione dei pensieri, movimenti robotici, ricordi ormai passati come se l’individuo li rivivesse (no flashback, ma fenomeno di memoria panoramica  →  in quei momenti il soggetto ha la sensazione di rivivere eventi e ricordi ma il più delle volte possono essere piacevoli, questa è la differenza col flashback) e cambiamenti nella percezione dell’ambiente. Questi stati alterati di coscienza danno la possibilità di escludere dalla consapevolezza emozioni che potrebbero, sconvolgere la vita

La dissociazione tolgono dalla consapevolezza emozioni come la paura che potrebbero sconvolgere la vita della persone o paralizzare il soggetto.
Il fatto di non esperire emozioni aiuta le persone a sorpassare momenti di paura forte che avrebbero potuto stravolgerli, essere in uno stato di coscienza alterato da accettare addirittura la morte.

Quando si parla di stati alterati della coscienza in realtà non si parla di distacco completo dalla realtà, i soggetti riferiscono che ...era come se, la persona rimane in contatto con la realtà, si rende conto di essersi trovata in situazione di alterazione

In tutti noi è possibile ravvisare episodi dissociativi come difesa, ma cosa può far distinguere un episodio dissociativo in persona normale o episodio in pazienti dissociativi?

• Quelli non patologici sono rari, lievi e non interferiscono con l’attività del soggetto. Di fronte a pericoli o rischio di morte la memoria panoramica è di ricordi positivi, quindi il soggetto si trova in situazione di benessere, non esperisce la negatività della situazione e quindi non comprende bene la stessa, in più l’ottundimento emotivo non provoca ansia, ma è rasserenante.

• Quelli patologici invece producono lacune mnemoniche, frammenti intrusivi di ricordi sconvolgenti ed allarmanti per il soggetto, pieni di terrore come nel flashback.
C’è confusione mentale ed il numbing emotivo acuisce talmente l’ansia che si può verificare attacco di panico, molto spesso si riscontrano pazienti che possono esperire l’attacco di panico definendolo chiaramente ma non è la stessa cosa per gli stati di torpore precedenti all’attacco di panico. Sostanzialmente portano con se emozioni spiacevoli.

Questa è la differenza tra i disturbi dissociativi patologici e non.

Le sensazioni provenienti dall’esterno hanno come stazione il talamo, poi mandate verso la corteccia frontale o l’amigdala, nel primo caso c’è analisi con pensiero cosciente, nel secondo caso l’informazione arriva prima che possa essere concretizzato un pensiero quindi di fronte ad informazioni paurose, c’è una sollecitazione dell’amigdala che invierà tramite vie neurali i messaggi per fronteggiare l’informazione di paura.
La paura determina l’invio nell’una o nell’altra direzione.

Le informazioni emotive e quelle narrative e fattuali hanno vie, e sono immagazzinate in magazzini diversi, questo per dire che nella dissociazione non solo le memorie sono scisse, ma anche le parti del proprio sé. Se avvengono in situazioni rare e non vengono più ripercorre, questo non provoca alcun tipo di alterazione, quello che avviene nel disturbo dissociativo invece, queste lacune e queste dissociazioni alterano il funzionamento della persona. Non è tanto il funzionamento che si differenzia.

Il meccanismo è sano quando limitato nel tempo, tuttavia questo meccanismo se non lo è ma continua, interferisce col funzionamento del soggetto, per esempio la persona con PTSD, si trova in una ripetizione continua, in maniera automatica rivivono il trauma tanto che il passato diventa indistinguibile dal presente. In più tutto ciò che rimanda al trauma produce un riflesso condizionato, ma così anche altri stimoli.
In pazienti dissociativi patologici ci può essere comorbilità con quadro PTSD.

Si formano stati dissociativi della mente che possono essere sperimentati dal soggetto come una sorta di personalità esterne da se stesso.

In quasi tutti i casi di disturbo dissociativo, c’è stato un abuso, in più c’è modalità di risposta diversa tra uomini e donne.
Solitamene gli uomini neutralizzano gli eventi traumatici attraverso l’abuso di farmaci ecc, per questo il disturbo sembra meno presente negli uomini.
Non è vero che i disturbi dissociativi sono gravi così come non è vero che sono sempre rari
Non è vero chè è facile individuare personalità multiple, così come non è vero che la maggior parte dei ricordi infantili sono falsi.
Non è vero che una persona abusata non lo dimenticherebbe.

Il DDI - Disturbo dissociativo dell'identità (culmine della problematica dissociativa) è una vera e propria malattia


L’amigdala immagazzina i ricordi nel sistema limbico che ha a che fare con sensazioni ed emozioni ma non con linguaggi e discorsi. Alcuni soggetti che hanno subito abusi presentano attacchi di panico, paure e flashback ma non si rendono conto, non riescono ad inserire in una cornice narrativa queste emozioni e questo è spiegabile dalla diversa modalità di immagazzinare ricordi legati alla paura e gli altri che invece si possono esperire dalla corteccia frontale.

Ai fini di un trattamento bisogna cercare di mettere insieme le varie parti, collegare le emozioni profonde all’interno di una cornice narrativa. Il tutto viene complicato dal fatto che alcuni ricordano il fatto con vuoti di memoria o amnesia. Ci possono essere lacune che possono interessare la memoria autobiografica, altre volte non c’è vuoto di memoria, ma si può dire che laddove ci siano vuoti di memoria, sicuramente c’è differenza qualitativa di eventi traumatici esperiti, la frequenza di questi e l’età.

SINTOMI DELLA DISSOCIAZIONE:

• Amnesia,
• Depersonalizzazione,
• Derealizzazione,
• Confusione dell’identità,
• Alterazione dell’identità.

Possono essere lievi (riguardare tutte le persone), moderati (essere alla base o conseguenti a quadri psicopatologici altri con: depressione, attacchi di panico, OCD ecc.), gravi (disturbi dissociativi).

Senza dimenticare sarebbe impossibile vivere, la dimenticanza fa parte della vita perché gli stimoli sono tantissimi, ma la memoria, nel momento in cui il soggetto subisce un trauma, quando si trova in uno stesso stato, la memoria di quel trauma viene più facilmente recuperata.

• L’amnesia è in qualche modo stato-dipendente, cioè il trauma che si è verificato in un determinato stato emotivo, quando il soggetto ne vive uno simile il ricordo viene recuperato (apprendimento stato-dipendente); la storia personale costruisce il senso di sé.
In alcuni soggetti il fatto di farsi del male, può essere un modo per allontanarsi da ricordi ma anche modo da inserire la traccia di un evento traumatico in una narrazione personale. Può essere anche un modo per alleviare l’ansia, sensi di colpa, c’è odio nei confronti di se stessi e l’autolesionismo può placare queste sensazioni. Spesso anche per il fatto di spostare un dolore non corporeo, sul corpo.

• La depersonalizzazione: i soggetti che la sperimentano dicono di fare esperienze come se fossero fuori dal loro corpo, come se lo percepissero in maniera distorta o con la sensazione di essere invisibili, incapacità di riconoscersi allo specchio, impressione di guardare un film su se stessi, sensazioni di essere robot.
I soggetti sperimentano questi sintomi che possono essere lievi, poco frequenti, accompagnanti da quadri psicopatologici e non per questo sono primari rispetto a questo, altre volte sono tanto sconvolgenti da considerarsi un disturbo.
Quando i sintomi sono lievi, rari, associati a stimoli estremi possono capitare a tutti i soggetti quando al contrario sono gravi c’è disturbo dissociativo.

• Derealizzazione: senso di essere distaccati dalla realtà, dal mondo esterno. La casa, il luogo di lavoro ecc., non sono familiari, così gli amici i famigliari ecc. c’è anche percezione di vedere oggetti, edifici, stanze, in modo distorto. C’è distacco dal mondo ma anche mondo che cambia.

• Senso dell’identità: alcuni teorici ritengono che la nostra identità sia sempre più influenzata dalla vita sovrastimolata, sempre più stimoli portano a funzionamento polifasico (fare più cose contemporaneamente), la tecnologia in questo facilita. Questo può influenzare il senso d’identità, ci sono anche teorie dell’identità: teoria dell’apprendimento, psicoanalitiche, sociali (teorie psicoanalitiche che hanno riguardato di più l’ambito sociale e dello sviluppo). La teoria della confusione dell’identità può essere utile, le identificazioni avvengono secondo processo di modificazione e selezione continuo, quando non ci sono modelli adulti che lo possono sostenere c’è elemento alla base portato avanti nel tempo che può rimanere tale, essere spina irritativa, il fatto di selezionare e modificare può essere importante anche grazie a persone da prendere come esempio.
Genitori abusanti o inadeguati possono far crescere il bambino con visione distrorta del mondo ed altre conseguenze.
Molto spesso i bambini hanno confusione dell’identità o dell’orientamento sessuale anche per motivi di abuso → senso di confusività nel bambino.
Alcune persone con disturbo dissociativo c’è lotta continua con le loro identità separate rendendo il soggetto scostante.

Esiste il triangolo delle bermuda: tre dimensioni del disturbo dell’identità collegate tra loro, dimensione temporale (si riferisce all’amnesia), dimensione interna (depersonalizzazione ed confusione dell’identità) ed esterna (derealizzazione e alterazione dell’identità).

Tutti possiamo avere lievi transizioni d’identità quando per esempio si devono mettere in atto ruoli diversi (lavoro, casa, ecc.), non sono però accompagnati da alterazioni del funzionamento o da amnesia.

Una forma moderata della percezione dell’identità può essere caratteristica di disturbi non dissociativi come il disturbo bipolare, ci può essere idea di transizione da un tipo d’identità ad un'altra.
Il viraggio però è umorale, nel caso si notasse passaggio d'identità ad altra con anche associazione di altri sintomi dissociativi si deve considerare alla base una problematica di tipo dissociativo.

Nel borderline la labilità di umore non si associa a identità differenti come nel bipolare.

SEGNI DI ALTERAZIONE:
• Fare riferimento a se stessi come diversi o detto dagli altri con ‘noi’
• Agire come persona completamente diversa
• Sentir dire dagli altri di essere diverso
• Trovarsi cose che non si ricorda di aver comprato
• Marcate discrepanze nei ricordi
• Improvvisa perdita di capacità
• Ritrovarsi documenti scritti con grafia diversa
• Dimostrare conoscenze su argomenti o lingue che non si ricordano di aver studiato
• Agire come se si fosse bambini
• Occorre far maggiormente riferimento ai sintomi interni del soggetto (inizio), in più primarietà/secondarietà della sintomatologia.

Importante inserire in una cornice narrativa i sintomi.

Le personalità non si possono eliminare ma si possono integrare.

Tratto da PSICOPATOLOGIA DIFFERENZIALE di Veronica Rossi
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