Limiti espliciti alla libertà di manifestazione del pensiero
• Buon costume: è l’unico limite esplicito ed è generale, ha contenuto indeterminato e muta nel tempo per cui non è meno sfuggente dei limiti impliciti.
L’ art. 21 comma 6 dispone: “La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni” per cui deve adottare delle misure adeguate ad evitare che ci si possa esprimere violando il buon costume dove il caso estremo è costituito dalla censura e sono previste delle sanzioni dopo che è stato violato il buon costume. Le uniche misure preventive ammesse dal nostro ordinamento, dato il rischio di una loro strumentalizzazione ai fini della censura antidemocratici, sono quelle in materia di spettacolo, attuate attraverso il meccanismo di revisione che fa capo a preventivi richiesti per la visione pubblica di film. Tutte la altre sono misure di carattere repressivo, che intervengono dopo la specifica manifestazione del pensiero, per impedire il protrarsi alla morale sessuale e al comune senso del pudore.
Il termine di buon costume tende a configurarsi come concetto giuridico indeterminato e indeterminabile (una nozione giuridica la cui interpretazione è rimessa alle indicazioni degli interpreti).
Il termine di buon costume tende a configurarsi come concetto giuridico indeterminato e indeterminabile (una nozione giuridica la cui interpretazione è rimessa alle indicazioni degli interpreti).
Da una parte i concetti giuridici indeterminati sono utili a garantire elasticità e adattabilità delle norme ai cambiamenti del tessuto sociale, dall’altra parte il margine di incertezza è indeterminabile.
Il buon costume oscilla tra una nozione civilistica e una penalistica.
Nel diritto civile ( = regola i rapporti tra i privati) la nozione di buon costume non si identifica soltanto con le prestazioni contrarie alle regole della morale sessuale o della decenza, ma comprende anche le prestazioni contrastanti con i principi e le esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico. In questo caso la nozione è ampia e il buon costume si identifica come il limite contrario alle esigenze etiche della coscienza morale collettiva che costituiscono la morale sociale poiché il comportamento delle persone corrette/in buona fede/con sani principi si uniforma ad essa in un determinato periodo storico in un dato ambiente. Il buon costume usato in accezione civilistica per la morale sessuale e la decenza e per la morale sociale. Un comportamento segue il buon costume quando rispetta la morale media comune, ovvero il modo di sentire comune/medio della maggioranza di una società in un dato momento.
Nel diritto penale, invece, la tutela del buon costume trova una specifica tutela negli artt. 527 e ss. del Codice penale. In base all’art. 529 CP 1. Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. 2. Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto. In questo caso la nozione è più ristretta per cui il buon costume si limiterebbe a vietare gli atti osceni, dove “osceno” va inteso nel senso di contrario al pudore sessuale e alla pubblica decenza nella sfera sessuale.
L’accezione del buon costume che si adatta meglio alla libertà di manifestazione del pensiero è quella penalistica poiché quella civilistica tutela la maggioranza e non le minoranze perché l’orientamento della morale sociale è anche quello della maggioranza ma non si deve andare a sentimento popolare e bisogna tener conto dei diritti delle minoranze. La legge morale vive nella coscienza individuale e non può formare oggetto di una regolazione normativa.
Nell’accezione penalistica il concetto di buon costume è meglio riferito al complesso di regole che l’opinione pubblica riconosce valide in un determinato momento storico, al fine di proteggere la convivenza contro le offese alla morale sessuale/alla pubblica decenza/al comune senso del pudore e garantire nella convivenza i principi costituzionali inviolabili della tutela della dignità umana e del rispetto reciproco tra le persone.
La Corte Costituzionale ha precisato che la contrarietà al sentimento del pudore non dipende dall’oscenità di atti/oggetti in sé considerati, ma dall’ offesa che può derivare al pudore sessuale, considerato il contesto e le modalità con cui essi sono esposti.
La Corte Costituzionale ha precisato che la contrarietà al sentimento del pudore non dipende dall’oscenità di atti/oggetti in sé considerati, ma dall’ offesa che può derivare al pudore sessuale, considerato il contesto e le modalità con cui essi sono esposti.
Il concetto di buon costume ha un valore che muta al mutare della sensibilità diffusa in una comunità, il costume varia notevolmente secondo le condizioni storiche d’ambiente e di cultura e quindi è destinato a cambiare con esso anche il concetto di buon costume.
Ci troviamo di fronte ad un paradosso per cui il buon costume è l’unico limite esplicito ma è anche soggetto a continui cambiamenti che lo rendono mutevole/variabile (nel momento in cui si pone un problema del buon costume il buon costume cambierà e quel problema non si pone più) e impalpabile/non determinabile in assoluto perché sfuggente.
L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in materia del buon costume
Sin dalla sent. n. 9/1965 la Corte costituzionale ha espressamente affermato che la clausola del Buon costume non può farsi coincidere con la morale sociale, media o comune poiché la legge morale vive nella coscienza individuale e così intesa non può formare oggetto di un regolamento legislativo.
Nella sent. 368/1992 si ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale in base alla quale è stato progressivamente precisato il significato ed il fondamento costituzionale del limite del buon costume, la questione è stata sollevata per un edicolante che vendeva videocassette pornografiche (vendita di oggetti osceni in luogo pubblico). Questa sentenza si divide in alcuni passaggi chiari:
Nella sent. 368/1992 si ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale in base alla quale è stato progressivamente precisato il significato ed il fondamento costituzionale del limite del buon costume, la questione è stata sollevata per un edicolante che vendeva videocassette pornografiche (vendita di oggetti osceni in luogo pubblico). Questa sentenza si divide in alcuni passaggi chiari:
1. Significato del Buon Costume è stato dettato dalla sentenza n. 9 del 1965, questa Corte ha chiaramente affermato che "il buon costume risulta da un insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, l'inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale, sia fuori sia soprattutto nell'ambito della famiglia, della dignità personale che con esso si congiunge, e del sentimento morale dei giovani, ed apre la via al contrario del buon costume, al mal costume e, come è stato anche detto, può comportare la perversione dei costumi, il prevalere, cioè, di regole e di comportamenti contrari ed opposti”.
Ci sono quindi 3 livelli del buon costume: la violazione del pudore sessuale, la dignità personale e il sentimento morale dei giovani.
2. Caratteri del Buon Costume: Successivamente, la stessa Corte ha pure affermato che il buon costume è dotato di una relatività storica, dovuta al fatto che varia notevolmente, secondo le condizioni storiche d'ambiente e di cultura. Ma tale relatività non impedisce che il suo significato sia sufficientemente determinato, poiché, trattandosi di un concetto diffuso e generalmente compreso, in base ad esso è ragionevolmente possibile che, in un determinato momento storico, si sia in grado di valutare quali comportamenti debbano considerarsi osceni secondo il comune senso del pudore, nel tempo e nelle circostanze in cui essi si realizzano.
3. L'interprete della Costituzione (insieme al legislatore in sede di attuazione del bilanciamento dei valori costituzionali) deve attenersi al criterio secondo cui, poiché la Carta fondamentale accoglie e sottolinea il principio per il quale il di più di libertà soppressa costituisce abuso, ne consegue che si può limitare la libertà solo per quel tanto strettamente necessario a garantirla, quindi non si può porre un limite massimo al buon costume che arriva alla suscettibilità di un individuo o di coloro coinvolti per tutelare un onore superiore.
4. Il buon costume non è diretto ad esprimere un valore di libertà individuale (non è soltanto rivolto a connotare un'esigenza di convivenza fra le libertà di più individui) ma è diretto a significare un valore riferibile alla collettività in generale, nel senso che denota le condizioni essenziali che, in relazione ai contenuti morali e alle modalità di espressione del costume sessuale in un determinato momento storico, sono indispensabili per assicurare una convivenza sociale conforme ai principi costituzionali inviolabili della tutela della dignità umana e del rispetto reciproco tra le persone (art. 2 della Costituzione).
Rispettare il buon costume è per la collettività e per questo va rispettato.
5. L'osceno viola il buon costume solo quando è destinato a raggiungere la percezione della collettività, il cui sentimento del pudore può essere messo in pericolo o subire offesa. In altri termini la contrarietà al sentimento del pudore non dipende dall'oscenità di atti o di oggetti in sé considerata, ma dall'offesa che può derivarne al pudore sessuale, considerato il contesto e le modalità in cui quegli atti e quegli oggetti sono compiuti o esposti: quindi non può riconoscersi tale capacità offensiva ad atti o ad oggetti che, pur avendo in sé un significato osceno, si esauriscono nella sfera privata e non costituiscono oggetto di comunicazione verso un numero indeterminato di persone ovvero sono destinati a raggiungere gli altri soggetti e quindi non offendono il sentimento comune del pudore della collettività.
Nella sentenza 293/2000 si parla della tutela rafforzata dei minori in particolare del comune sentimento della morale. La Corte costituzionale ha ritenuto legittime le disposizioni dell’art. 15 che sanziona penalmente, ai sensi dell'art. 528 del codice penale, l'utilizzazione di stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale e l'ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti. Per comune sentimento della morale debba intendersi non soltanto ciò che è comune alle diverse morali del nostro tempo, ma anche alla pluralità delle concezioni etiche che convivono nella società contemporanea.
Tale contenuto minimo è il rispetto della persona umana, valore che anima l'art. 2 della Costituzione. La decisione della Corte può essere considerata in due modi: nel primo modo il limite del buon costume viene ristretto alla morale minima (è l’indicazione precisa di quello che siamo tutti d’accordo di accettare, è più restrittiva ed è contenuta nella morale media ovvero il margine di tolleranza verso un dato comportamento), nel secondo modo la decisione della Corte è per tutelare i minori con riferimento alla comune morale media.
L’arte e la scienza anche se forme di espressione non sottostanno al limite del buon costume perché secondo l’art. 33 sono libere e libero ne è l’insegnamento, l’opera d’arte non viene considerata oscena salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto secondo l’art. 529 del Codice Penale.
L’art. 21 comma 2 prevede il divieto di censura della stampa ma questo va in contrasto con il comma 6 dello stesso articolo che prevede gli elementi di prevenzione per il buon costume. Per risolvere questo contrasto il comma 2 diviene una disposizione speciale che deroga la legge generale quindi prevale sul comma 6, quindi la stampa non può essere censurata (non si può impedire la pubblicazione in quanto la censura è quando un testo è sottoposto a dei controlli prima della pubblicazione) ma è previsto il sequestro (impedendo la diffusione una volta pubblicato un testo se esso è considerato osceno e le forze dell’ordine competenti ritirano il testo prima della vendita ma dopo la pubblicazione).
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Dettagli appunto:
- Autore: Emma Lampa
- Università: Università degli Studi di Macerata
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Esame: Diritto dell'informazione e della comunicazione
- Docente: Simone Calzolaio
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