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Il ripristino del Gold Standard


Mentre succedevano tutte queste cose, molti paesi cominciano a guardare al passato, all'età dell'oro, all’età vittoriana e progressivamente decidono di provare, visto che gli USA non facevano da traino, a ripristinare il gold standard, il vecchio sistema monetario, modificandolo un po’ per vedere se funzionava.

Tra il 1922/23 e il 1928/29 una grande quantità di paesi che rappresentavano l'economia internazionale scelgono di “tornare all’oro” cioè di restaurare il gold standard e ripristinare il sistema di regole un po' ritoccate, reintroducendo la stabilità dei cambi sperando che essa possa servire per un futuro che già all’epoca era molto incerto, pieno di dubbi all'orizzonte (c’era già il fascismo, il mondo era ancora sconvolto per la prima guerra mondiale). Gran parte del mondo avanzato torna al sistema aureo.

Una decisione fondamentale che queste economie sconvolte in misura diversa (c'è chi aveva avuto più morti, c'è chi aveva avuto più danni alle industrie, c'è chi aveva avuto più danni all'agricoltura), era appunto quella di decidere quale fosse la nuova parità con l’oro, nuova parità a cui tornare all'oro.

Alcune tra le economie più importanti, tra cui quella inglese, decisero (in modo scellerato) di ritornare alla parità prebellica, cioè al rapporto sterlina/dollaro 5 a 1 che vigeva nel 1900 circa, che era stato stabilito in funzione del peso del contenuto aureo delle due monete. Nonostante l'Inghilterra avesse avuto un ridimensionamento sul piano economico rispetto agli USA, con una crescita molto inferiore agli USA, e invece un aumento dei prezzi dei propri prodotti molto più elevato rispetto a quelli degli USA: l'Inghilterra era scesa e gli USA erano saliti in termini di ricchezza, di potenza economica, di forza economica, nei dieci anni che passano dal 1914 al 1925.

La strada giusta sarebbe stata quella di stabilizzare il valore corrente, dato che la sterlina si era molto deprezzata rispetto all'oro. Invece Churchill insistette per tornare alla parità prebellica per motivi di prestigio, di immagine di forza della City di Londra e questo aggiunse nuova confusione, nuova difficoltà per le industrie esportatrici britanniche, fece fare una rivalutazione forte della sterlina, e così le industrie britanniche non riuscirono più a vendere prodotti sui mercati americani. Questo produsse una grossa crisi industriale, ancor prima della crisi del '29, infatti per certi versi quella del '29 ebbe effetti clamorosi soprattutto in Germania e in USA, un po' meno forte in Inghilterra e in Italia perché erano economie già in crisi da diversi anni a causa della rivalutazione della loro moneta: l'Inghilterra rivalutò al livello prebellico, l'Italia decise di rivalutare a livello che la moneta aveva quando Mussolini prese il potere nel 1922; dal 1922 al 1927 la lira aveva perso un sacco del suo valore ed era uno dei problemi più grossi dal punto di vista economico del governo Mussolini, perché non ci si poteva dare una ragione del fatto che la moneta non ubbidisse a un dittatore, anche la moneta gli deve ubbidire e non può perdere valore giorno dopo giorno sui mercati, per un fatto di immagine, di forza, di credibilità. Mussolini per questo adottò la politica di rivalutazione della moneta, facendo crollare l'economia dell'Italia sia del nord che del sud (crisi delle industrie dello zolfo siciliano fu anche dovuta al fatto che una rivalutazione della moneta così forte rendeva tutte queste produzioni, di cui l'Italia aveva vantaggi comparati e specializzazioni importanti, di fatto povere e inutili).

Questo rappresentò un'altra di quelle cause che spalancò la voragine della crisi degli anni Trenta. Dal 1923 al 1929 si torna all'oro (Conferenza di Genova: gold exchange standard cioè convertibilità in oro o nelle valute "chiave ovvero dollaro o sterlina); la vera questione fu "a che livello si torna? Prebellico o attuale?" Molti paesi rivalutarono chi a livello prebellico, come la sterlina (nonostante avesse prezzi cresciuti enormemente, triplicati durante la guerra rispetto agli USA, quindi ponendo sotto stress l'industria britannica e di tutte le imprese esportatrici; ci furono scioperi clamorosi in Inghilterra tra il 1925 e 1926 che sono rimasti alla storia, come quello dei minatori, delle miniere di carbone), sia per un motivo di immagine di prestigio, sia anche perché la sterlina doveva essere moneta forte perché era emblema della city di Londra, una delle industrie più fiorenti dell'economia inglese, cioè un distretto bancario di elevatissima specializzazione e importanza (Winston Churchill rivalutò la moneta alla parità prebellica ponendo sotto stress l'industria britannica). Mussolini non rivaluta a livello prebellico, perché sarebbe stato impossibile farlo ma rivaluta comunque la lira.

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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