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Differenza tra investimenti diretti all’estero e investimenti di portafoglio


La differenza tra FDI e Portfolio investments è questa: investimenti diretti all'estero sono investimenti fatti per scopi strategici relativi al controllo di un'impresa, a diventarne capo. Se invece si comprano azioni per fare un investimento, dunque non c'è alcun interesse strategico, questo è un investimento di portafoglio, fatto per ragioni non strategiche ma finanziarie e lo si fa per diversificare ad esempio la propria ricchezza, o magari sono investimenti ritenuti più sicuri o più redditizi, più comodi; nell'ambito della diversificazione è anche opportuno diversificare sul piano internazionale. In un certo tempo, investimenti del genere non erano possibili per le istituzioni molto forti (esempio anni '70 non si poteva andare all'estero importando servizi perché i rapporti italiani con l'estero, per lo shock petrolifero, per la crisi della grande impresa fordista, chimica, meccanica, l'Italia aveva un enorme problema di bilancia dei pagamenti. Oggi non è più così ma non è detto che non possa ricapitare. Negli anni '70 una delle priorità di politica economica, monetaria era quella di riequilibrare la bilancia dei pagamenti e fu fatto anche impedendo alla gente di importante o di viaggiare all'estero. Lo scopo era riottenere equilibrio della Bp italiana)

Investimenti esteri diretti: teoria dell'impresa multinazionale → investimenti per scopi strategici di controllo e di gestione dell'attività di impresa (delocalizzazione della struttura produttiva, penetrazione di mercati, acquisizione diretta di risorse).
Investimenti esteri di portafoglio: teoria delle scelte di portafoglio → investimenti per scopi "passivi" di investimento (azioni, obbligazioni, strumenti del mercato monetario).
Gli investimenti diretti all'estero sono investimenti importanti, che hanno alle spalle motivazioni strategiche, di controllo, di voler acquisire appunto il controllo di un'altra impresa.
Gli investimenti di portafoglio sono tipici investimenti finanziari con cui si può diversificare il proprio portafoglio.
Entrambi gli investimenti comportano uscite di soldi se si investe all'estero ed entrate di azioni, di attività finanziarie; se invece è uno straniero che investe in un determinato paese (Italia), entrano soldi.

Mentre le esportazioni sono beni che vanno via e soldi che entrano, e le importazioni sono beni stranieri che entrano e soldi propri che vanno via, gli investimenti sia diretti che di portafoglio possono comprendere grandi flussi.
Investimenti diretti all'estero: se un italiano investe in un'impresa, sono soldi suoi che escono e attività finanziarie estere che entrano sotto il suo controllo; se invece è uno straniero che investe in un'azienda italiana, è lui che farà entrare soldi nel nostro paese e la proprietà che lui si compra va nel suo paese di origine. Lo stesso con gli investimenti di portafoglio: se un italiano si compra un'azione di Facebook, escono i suoi soldi ed entrano le sue azioni in Italia, viceversa se uno straniero compra azioni italiane, sono soldi che entrano in Italia e le azioni che vanno all'estero.

Gli investimenti diretti all'estero sono molto importanti nel sostenere lo sviluppo, nel decidere le sorti di una economia, di una nazione e questo è un aspetto importante.
Avere degli investitori, anche stranieri, che decidono di comprare nel proprio paese, avere questa forma di investimento rappresenta una possibile spiegazione (non l'unica) dello sviluppo del sistema economico.
Il paese ha una bilancia dei pagamenti in avanzo, in attivo. Lo squilibrio è forte e l'attivo è molto importante sia se siamo in situazioni in avanzo che in disavanzo.
Se un paese ha la Bp in attivo diventa un creditore nei confronti dell'estero, cioè accumula crediti nei confronti dell'estero e/o aumenta lo stock delle proprie riserve ufficiali (se io vendo 100 e compro 50, in ultima analisi la differenza di 50 viene saldata sotto forma di dollari dal paese che li riceve e diventano patrimonio del paese che vanno ad aumentare le cosiddette riserve fiduciarie).
Se un paese ha una situazione di disavanzo, aumentano i propri debiti nei confronti dell'estero oppure si perdono perché si sono liquidate riserve ufficiali (una parte). Entrambi possono essere fenomeni negativi.

Negli ultimi 15 anni la Bp italiana ha quasi sempre portato a un aumento delle riserve ufficiali. Quando le partite correnti (che equivalgono alla somma del conto corrente e del conto capitale) erano in disavanzo, per effetto della politica del cambio forte l’accumulo di riserve ufficiali è stato ottenuto grazie ad afflussi netti di capitali privati determinati da una politica monetaria restrittiva.
L’afflusso di capitali determinava, però, l’accumularsi di debito estero, che produceva un saldo negativo dei redditi da capitale. Grazie alla svalutazione della lira il saldo delle partite correnti è migliorato vistosamente negli anni successivi. Sia l’accumulo che il decumulo di riserve ufficiali vanno considerati come posizioni di squilibrio; la riduzione delle riserve ufficiali del paese segnala l’affievolirsi della possibilità di sostenere nel futuro un eccesso di pagamenti sugli incassi, che non potrebbero essere saldati. L’accumulo di riserve ufficiali invece può essere sostenuto con difficoltà nel lungo periodo per motivi diversi, anche meno pressanti: esso darebbe origine a creazione di base monetaria che può essere ritenuta eccessiva.

L’eccedenza dell’export sugli import correnti di beni manifesta un eccesso del risparmio sull’investimento interno. In presenza di questo eccesso, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti richiede un deficit degli altri due conti, cioè un deficit del conto finanziario (deflusso netto di capitali) cioè un prestito con il quale il paese in questione rende disponibile al resto del mondo l’eccesso di risparmio.
Una presenza di import nette positive e di un equilibrio complessivo indica che il paese sta mutuando risparmio dal resto del mondo. Un simile equilibrio della Bp non è sostenibile nel lungo periodo perché implica che il paese in questione non sia capace di innescare un meccanismo di sviluppo autonomo.
L'unificazione monetaria di due o più paesi elimina il problema formale della Bp per le relazioni economiche fra i residenti dei vari paesi membri dell’unione nonché quello della gestione delle riserve ufficiali, ma lascia intatto il problema dell’andamento dell’economia reale in ognuno.

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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