Psicopatologia
Fairbairn evidenzia tre aspetti:
1. il grado in cui gli oggetti cattivi si sono installati nell'inconscio e il grado di cattiveria che li caratterizza (quanto sono veramente cattivi i miei oggetti interni? Peggio sono, peggiore sarà la patologia);
2. il grado in cui l'Io si identifica con gli oggetti interni cattivi (quanto l'Io è legato agli oggetti interni? E quanto l'Io rimane libero per legarsi agli oggetti esterni?);
3. la natura e la forza delle difese che proteggono l'Io da questi oggetti (quanto le difese proteggono l'Io da questi oggetti interni, e quindi permettono al mio Io centrale di legarsi agli oggetti esterni?).
Questi tre aspetti determinano che tipo di patologia si sviluppa e quanto è grave.
Se la psicopatologia è legata a quanto io sono legato agli oggetti interni, allora dipende anche da quanto l'Io centrale può legarsi agli oggetti esterni.
Tutta questa teorizzazione è utile per spiegare la scelta di oggetti sadici e l'aggrapparsi a quelli cattivi. La motivazione non può essere il piacere, in quanto io soffro nell'essere legato a oggetti esterni cattivi, ma è il fatto che l'Io mantiene un ostinato attaccamento al suo oggetto rifiutante/eccitante.
La psicopatologia per Fairbairn è dovuta all'internalizzazione degli oggetti, che sono prevalentemente cattivi, in risposta a madri emotivamente assenti, intrusive e caotiche --> Il bambino fa ciò per preservare l'oggetto reale (la madre carente) in termini di bontà, e per portare dentro di sé la cattiveria (che ha sperimentato con l'oggetto primario carente) proprio per avere la sensazione di controllo su questa cattiveria. Che destino avranno gli oggetti cattivi? Come fanno a determinare la patologia? Che tipo di patologia verrà sviluppata? Quanto è grave il paziente? Da che cosa dipenderà? La gravità della psicopatologia che si sviluppa dipende da una serie di aspetti, legati agli oggetti internalizzati cattivi:
• Quanto sono cattivi gli oggetti (più cattivi e persecutori sono gli oggetti, più grave è la psicopatologia)
• Quanto l'Io libidico e antilibidico del bambino si identifica con gli oggetti (cioè quanto di sé il bambino sperimenta come cattivo)
• La natura e la forza delle difese che operano, da parte dell'Io centrale, nel rimuovere gli oggetti cattivi e i pezzi di Io legati ad essi.
Nel '43 Fairbairn arriva a postulare che la gravità della psicopatologia è legata a quanto dell'Io centrale rimane disponibile a legarsi agli oggetti esterni --> il criterio fondamentale di Fairbairn è il grado in cui si riesce a entrare in relazione con gli altri. Qual è l'utilità clinica di Fairbairn? È utile per capire perché la persona si lega ad oggetti sadici e frustranti (esempio di Angela) e per capire le dipendenze in generale (perché sono dipendente da un oggetto cattivo? Perché quell'oggetto rappresenta il mio oggetto cattivo interno). La motivazione di un legame con un oggetto cattivo non può chiaramente essere il piacere (per Freud la spiegazione era prima la coazione a ripetere, e poi la pulsione di morte, che fa sì che ci si leghi ad oggetti frustranti). Per Fairbairn la pulsione di morte non esiste, e la motivazione consiste semplicemente nell'ostinato attaccamento dei pazienti (in particolare dell'Io libidico e antilibidico) agli oggetti cattivi interni e a chi rappresenta all'esterno quell'oggetto cattivo (ad esempio il padre di Angela rappresentato dal marito che la picchia).
Se la capacità di entrare in relazione con gli oggetti è fondamentale, allora il punto della relazione terapeutica non sarà più centrato sull'interpretazione che rende cosciente l'inconscio, ma sarà centrato sulla costruzione della relazione paziente-terapeuta, che in qualche modo corregge i legami patologici fra Io e oggetti cattivi interni --> si offre al paziente la possibilità di sperimentare un nuovo tipo di relazione rispetto alle relazioni pregresse, permettendo così di correggere le relazioni frustranti e patologiche che il soggetto ha instaurato con gli oggetti primari esterni, che poi sono diventati interni. Quindi l'analista diventa un analogo delle figure genitoriali, attendibile, con cui il paziente può riprendere lo sviluppo emotivo. La meta dell'analisi è quella di ridurre le scissioni dell'Io (si può parlare non solo di analisi ma di sintesi, cioè ritorno dell'Io alla sua unitarietà originale) nel setting della relazione terapeutica, di creare delle brecce nel sistema chiuso del mondo interno del paziente, rendendo il mondo accessibile all'influenza del mondo esterno, e di ridurre la persistenza della dipendenza infantile.
Resistenza del paziente: è quella parte del paziente che si oppone al miglioramento terapeutico (in termini freudiani: che si oppone al far diventare coscienti i contenuti inconsci) --> per Fairbairn è dovuta alla scissione che rappresenta una difesa nei confronti dell'ambivalenza. Quindi il transfert non è altro che la tendenza a ripetere (Freud: coazione a ripetere) la propria configurazione interna con gli oggetti cattivi. Il cambiamento richiede dunque che la relazione transferale (che è distorta dal mondo interno del paziente) venga sostituita dalla relazione tra le 2 persone del mondo esterno, cioè paziente e analista, e che dunque la relazione interna venga sostituita con le relazioni con persone costruttive del mondo esterno.
Caso C: C. un uomo di mezza età che entrò in analisi per episodi di depressione e ritiro. Il padre era stato attento ma duro, distante e estremamente esigente. La madre era una casalinga molto competente e disponibile, di buon carattere, un'ottimista convinta, sempre allegra e gioviale: il suo soprannome era infatti ‘Sunny'. In analisi C. racconta che, anche se sentiva che la madre fosse fisicamente accessibile, non aveva mai pensato di poter entrare in contatto emotivo con lei, non aveva l'accesso a ciò che lei sentiva (in termini Winnicottiani si può dire che ha la madre a un falso sé molto grande). Intorno a lei avvertiva una tristezza inspiegabile, della quale la madre non parlava mai. Cominciò a ricordare momenti in cui la sentiva piangere dietro la porta chiusa a chiave; ne emergeva poco dopo, con il consueto sorriso solare. Ricordò anche situazioni in cui si svegliava di notte perché il padre suonava ballate malinconiche al buio nel salotto. C. scivolava al piano di sotto e, nascondendosi, ascoltava in silenzio, condividendo in segreto questi rari momenti, molto emotivi, con il padre (C. sente che il vero sé dei genitori è legato alla depressione, e che quindi non ha nessun legame con i genitori, dato che uno si mostra duro e l'altra si mostra solare) . La personalità di C. si era formata lungo linee simili a quelle dei suoi genitori; era infatti molto attivo, responsabile e ottimista (identificazione con il falso sé materno). Pian piano iniziò a vedere le sue depressioni episodiche (che sono quelle dei genitori), periodi atipici di totale inutilità e disperazione, come legami preziosi con il nucleo emotivo della vita dei suoi genitori, al quale non aveva accesso attraverso le interazioni reali con loro (Delle parti dell'Io di C. sono legate alla depressione materna e paterna, cioè le parti cattive e reali dei genitori, e ogni volta che lui sperimenta la depressione è come se entrasse in relazione con gli oggetti interni). Sorprendentemente, si sentiva più vicino a loro, più unito alla sua famiglia quando era depresso. Un immagine onirica ricorrente emerse durante l'analisi: un uomo medusa, distrutto, triste, impotente e senza spina dorsale. Questa immagine sembrava riassumere il legame depressivo con i suoi genitori, una tristezza priva di ossatura, senza struttura, perché i legami luttuosi con la loro emotività erano stati scissi e incapsulati, senza parlarne.
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Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia dinamica
- Docente: Angela Tagini
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