Il periodo Azuchi-Momoyama
La riunificazione del Giappone, nel periodo Azuchi-Momoyama, fu opera di tre grandi daimyo (Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu), ma bisogna considerare anche i presupposti che consentirono loro di riunificare il paese.
Questi tre daimyo, poterono emergere, innanzitutto, grazie all'ambiente sociale, dando prova del loro potere affermando un controllo sulle classi inferiori; anche l'introduzione delle armi da fuoco e nuove tecnologie belliche, li portarono a primeggiare sugli altri e a conquistarsi l'appoggio degli altri daimyo minori, che li aiutarono nella creazione di eserciti ben equipaggiati
Anche il commercio, contribuì a conferire loro un rilevante potere economico, in quanto la ricchezza non si basava più solo sulle risorse agricole, ma anche sui traffici commerciali che garantivano un guadagno maggiore rispetto alle rendite fondiarie. I guadagni provenienti dal commercio con i portoghesi furono una delle motivazioni che spinse daimyo, come Oda Nobunaga, ad appoggiare la religione cristiana, anche se veniva percepita da alcuni come una dottrina pericolosa, dato che il paese era al momento privo di un’autorità centrale. Fu in questo clima prese avvio il progetto di unificazione del paese guidato da Nobunaga che nel 1568 conquistò Kyoto, dando inizio a quello che viene ricordato come periodo Azuchi-Momoyama. Questo daimyo discendeva da una famiglia di guerrieri di Orarie aveva acquistato una posizione di rilievo, sconfiggendo nel 1560 un daimyo, Immagala Yoshimoto, che aveva cercato di invadere Kyoto passando per i suoi territori; ottenuta l’attenzione dell’imperatore, lo aiutò a ristabilire la pace nella zona della capitale, così garantendo a Yoshiaki la carica di shogun, senza però dargli pieno potere. Yoshiaki tentò allora di eliminare Nobunaga, ma questi lo costrinse nel 1573 ad abbandonare la sua carica, segnando la fine del baifuku degli Ashikaga e del Periodo Muromachi.
Dopo aver consolidato il suo potere nella capitale, Oda Nobunaga si apprestò ai sconfiggere i daimyo rivali e costretti a divenire suoi vassalli; questi inoltre erano spesso coalizzati con le istituzioni buddhiste, contro cui si scagliò con grande violenza, sterminando nel 1571 migliaia di monaci, e confiscando i loro territori affidandoli a uomini di sua fiducia. In questo modo, si pose fine al potere che le istituzioni religiose avevano sin adesso posseduto in ambito politico. Diverso fu l’atteggiamento riservato agli occidentali, infatti si dimostrò più benevolo con gli europei, da cui acquistò armi da fuoco e acquisì tecnologie, come il rivestimento delle navi in ferro. Nel 1576 fece anche edificare un castello ad Azuchi, in cui radunò i suoi eserciti, inaugurando la tradizione di stabilire gli eserciti in castelli fortificati che avrebbe caratterizzato tutto il periodo Azuchi-Momoyama. Per i suoi rapporti di amicizia con gli europei fu anche il primo capo giapponese ad essere menzionato nella storia occidentale. Prima di essere ucciso da uno dei suoi vassalli nel 1582, Nobunaga riuscì a riunificare sotto il suo controllo solo 30 delle 68 provincie del Giappone, a cui diede un nuovo sistema amministrativo, basato su quello del castello di Azuchi. I feudi venivano affidati ai suoi vassalli e dotati di un quartiere fortificato in cui venivano radunati i guerrieri, iniziò così la separazione tra classe guerriera e contadina, detta heino bunri, che fu coronata nel 1576 quando vennero confiscate le armi ai contadini e alle comunità religiose. Le zone rurali furono riorganizzate in villaggi, obbligati a presentare i registri catastali; i vassalli dovevano mostrare obbedienza assoluta al signore e attenersi a regolamenti, detti okite, per il bene del paese, mentre il commercio fu incentivato con l’adozione di pesi e misure e il miglioramento delle vie di comunicazione.
L'opera di unificazione del Giappone, iniziata da Oda Nobunaga, proseguì sotto Toyotomi Hideyoshi, un giovane di umili origini che riuscì ad emergere grazie alle sue qualità politiche e militari, grazie alle quali ereditò la posizione di Oda e nel 1584 stabilì la sua base ad Osaka, da dove concluse alleanze con importanti daimyo, come Tokugawa Ieyasu. Nel 1585 Hideyoshi ottenne la carica di kanpaku, reggente imperiale, e nel 1590 riuscì a terminare la riunificazione del Giappone, divenendo il capo assoluto del paese, e riuscendo a mantenere il potere grazie a una serie di alleanze sulle quali poteva contare in caso di eventuali attacchi da parte di daimyo a lui ostili. Nonostante il potere centrale fosse nelle sue mani, il territorio restava suddiviso in tante unità chiamate han, ciascuna governata da un daimyo.
L’importanza di ciascun daimyo dipendeva dal suo grado di fedeltà a Hideyoshi e dalla rendita delle terre nel suo han. Nel 1582 Toyotomi Hideyoshi avviò una riorganizzazione amministrativa, conosciuta come taikoo kenchi che uniformò il sistema fiscale, calcolando le tasse non in base all’estensione del terreno, ma secondo la sua produttività, misurata in koku di riso e annottata sui registri catastali, detti kenchicho. I contadini erano raggruppati nei mura o villaggi, a capo dei quali c'era uno showa, ossia un capo villaggio incaricato di riscuotere le tasse sulla base di quanto segnato nei registri catastali, questi villaggi divennero l'unità fiscale di ciascun han o feudo. I contadini in questo modo erano strettamente legati alla loro terra, tanto che un editto emanato da Hideyoshi nel 1587 prevedeva che non fossero utilizzati per altri scopi dalle famiglie facoltose, forse anche per eliminare le differenze di status fra le famiglie del villaggio. I daimyo avevano tutti i diritti sui loro han, da cui prelevavano le tasse calcolate in koku di riso, Hideyoshi aveva la rendita più alta e pagava in koku i guerrieri, che ora vivevano nelle città castello, dette jokamachi; i samurai vennero nettamente distinti dai lavoratori nei campi che rappresentavano la classe contadina, hyakusho, e iniziarono a diventare degli amministratori delle terre.
Per quanto riguarda l’attività commerciale, Hideyoshi favorì il libero scambio abolendo le corporazioni e stimolando la nascita di attività commerciali e artigianali nelle città-castello, che popolandosi rapidamente diedero vita in seguito ai centri urbani. Le risorse del sottosuolo furono meglio utilizzate, e cercò anche di imporre la propria autorità nei commerci con l'estero tramite un sistema di autorizzazioni, che però non servì ad eliminare totalmente la pirateria. I suoi rapporti con l'estero però non furono puramente commerciali, infatti, nel 1592 e nel 1597 mandò due spedizioni in Corea con l'intento di conquistare la Cina, tuttavia nel 1598 morì e l'esito della missione fu compromesso. La ricchezza che conobbe del paese, venne manifestata tramite un nuovo stile artistico, e tramite il culto del tè, sorseggiato in dei padiglioni che evocavano pace e tranquillità. Agli europei si deve anche la diffusione della stampa, inizialmente impiegata per la diffusione dei testi religiosi. Prima di morire Toyotomi Hideyoshi aveva ideato un consiglio composto da cinque grandi anziani, detto gotairo, che garantisse la successione del suo giovane erede, ma uno dei cinque anziani, Tokugawa Ieyasu, riuscì a prevalere sugli altri e a imporsi come colui che avrebbe completato la riunificazione del Giappone e dato inizio a quello che viene denominato periodo Edo.
Ieyasu era un condottiero della famiglia Tokugawa, la quale controllava la provincia di Mikawa, ma fu trasferita da Hideyoshi nel Kanto; egli si stabilì allora a Edo, l'attuale Tokyo, dove pose la sede del suo quartier generale. Tokugawa Ieyasu fu scelto come uno dei grandi anziani, che avrebbe dovuto garantire la successione del figlio di Hideyoshi, Hideyori, tuttavia alla sua morte si aprì una contesa per l'eredità, e nel 1600 Ieyasu, sbaragliando i daimyo rivali nella battaglia di Sekigahara, divenne il capo del paese e stabilì il bakufu a Edo, tre anni dopo fu nominato shogun. Nel 1605 rinunciò alla carica di shogun e l'affidò a suo figlio Hidetada, mantenendo però la carica di ogosho o shogun in ritiro, e continuando comunque ad esercitare il potere; nel 1615 sconfisse definitivamente Hideyori, il figlio di Hideyoshi, a cui aveva momentaneamente lasciato il castello di Osaka, l'anno successivo morì.
Ieyasu stabilì una gerarchia fra i daimyo al cui vertice si trovavano tre famiglie, sanke, che erano a lui legate da vincoli di diretta parentela, al di sotto si trovavano gli altri signori fidati imparentati ai Tokugawa, gli shinpan, vi era poi il gruppo di signori che erano fedeli a Ieyasu prima ancora della battaglia di Sekigahara, che avevano il titolo di fudai, ovvero vassalli ereditari; all'ultimo gradino c'erano i tozama, i daimyo soggiogati dopo la battaglia. Ieyasu cercò di dividere i daimyo ostili sistemandoli in territori distanti in modo che fosse difficile per loro coalizzarsi, inoltre pose le famiglie sanke, in posizioni strategiche: a nord di Edo, tra Edo e Kyoto e a sud di Osaka. Alle dirette dipendenze dello shogun si trovavano circa 20.000 vassalli, divisi in hatamono (uomini della bandiera), che erano da lui ricevuti e avevano un proprio feudo, e gokenin (uomini della casa), che occupavano una posizione inferiore e venivano stipendiati.
La posizione dei Tokugawa era legittimata dalla corte e dal conferimento del titolo di shogun da parte dell'imperatore, per questa ragione il governo di Edo continuò a finanziare la famiglia imperiale e i kuge (aristocrazia civile), affinché potessero mantenere uno stile di vita adeguato alla loro posizione. Al sostegno finanziario però non si accompagnava l'autonomia politica, anzi, nel 1615 una serie di regole imponevano alla famiglia imperiale e all'aristocrazia di astenersi dagli affari di Stato e di concedere i titoli imperiali solo con l'approvazione dello shogun. Lo shogun aveva pieni poteri: gestiva i conflitti tra i daimyo, le istituzioni religiose, gli affari esteri, il sistema fiscale, le risorse militari e disponeva della totalità delle terre, e poteva, poi, chiedere ogni genere di tributo. Nel 1615 con il Buke shoahatto (regolamento per l'aristocrazia militare) i daimyo furono sottoposti a rigide norme, che gli imponevano di consultare lo shogun, in materia di matrimonio e successione, di non aderire al cristianesimo e limitavano il potenziamento militare. Si manteneva inoltre il sankin kotai, il sistema di ostaggi ideato da Hideyoshi, che imponeva ai daimyo di costruire una residenza nella capitale di Edo, dove dovevano alloggiare per periodi prefissati o lasciare i propri famigliari: ciò aveva il duplice effetto di tenere sotto controllo i daimyo e di sottrarre loro le finanze necessarie alla costruzione della residenza e agli spostamenti a Edo.
L'amministrazione centrale era affidata ai dipendenti gokenin e hatamoto oppure ai fudai, fidati vassalli; lo shogun era affiancato dai Consiglieri anziani, detti roju, e dai Consiglieri meno anziani, detti wakadoshiyori. Il Consiglio degli anziani era composto da 4 o 6 membri, che si occupavano dell'amministrazione, degli affari esteri, delle istituzioni religiose e degli affari militari; mentre il Consiglio dei meno anziani era deputato alle questioni interne al governo Edo, e ad esso erano sottoposti degli ispettori preposti a vigilare sull'osservanza delle norme, detti metsuke. Fu poi istituita una Corte di giustizia, detta Hyojosho, stabilita nei pressi di Edo.
A livello locale il daimyo aveva un'ampia autonomia, ma doveva amministrare il feudo e garantire la pace e l'ordine e annotare in un registro i guerrieri alle sue dipendenze. Il daimyo si serviva di un ufficio delle finanze con un corpo di attendenti rurali, che controllavano i villaggi o mura e un magistrato, che controllava la città-castello o machi. I villaggi erano organizzati in gruppi di famiglie, i goningumi, e avevano un capo villaggio, incaricato di raccogliere le tasse, che venivano poi prelevate dagli amministratori alle dipendenze del daimyo.
Questo sistema, detto bakuhan, è una forma di feudalesimo centralizzato, dove esiste un'autorità centrale nazionale, in questo caso lo shogun Tokugawa, che affida dei possedimenti a vassalli, daimyo, che li gestiscono autonomamente.
I Tokugawa portarono a termine il processo di differenziazione e separazione delle classi sociali, già messo in atto da Nobunaga, secondo il modello shinokosho, che organizzava la società gerarchicamente in base all'occupazione degli individui rispettivamente vi erano: guerrieri, agricoltori, artigiani e mercanti. In realtà il sistema era più complesso, ad esempio i mercanti e gli artigiani erano spesso considerati un'unica categoria, essi si concentravano nei centri urbani e venivano chiamati chonin, inoltre esistevano classi privilegiate come quella dei kuge o aristocrazia civile e quella dei monaci e delle monache, detti so e ni, a questi si aggiungevano i senmin, che costituivano l'ultimo grado della scala sociale e si dividevano in eta e hinin, spesso si trattava di persone considerate impure perché il loro mestiere li metteva in contatto con la morte (ad esempio coloro che custodivano e sistemavano i cadaveri oppure lavoravano cuoio e pelli).
Tale organizzazione sociale era detta mibun e per ciascun grado erano stabilite delle norme, ciò portò a una forte differenziazione sociale anche perché i guerrieri vivevano nelle città-castello lontani dagli agricoltori, inoltre, si credeva che la condizione sociale si ereditasse alla nascita e questo favoriva la staticità del sistema.
La base ideologica della rigida gerarchia sociale fu il Neoconfucianesimo basato sul dualismo fra ri, principio e legge per cui ogni cosa esiste, e ki, sostanza e materia che conferisce concretezza. Suggeriva la via do di condotta dei governanti che sono responsabili del benessere del popolo. In Giappone il Neoconfucianesimo fu utilizzato come fondamento ideologico del regime Tokugawa di Edo, soprattutto grazie a Fujiwara Seika e al suo discepolo Hayashi Razan, fondatore della scuola Shoheiko nel 1630. I membri della famiglia Hayashi divennero consiglieri ereditari del bakufu, e venne creato un ufficio di consiglieri confuciani, detti jusha.
Dopo la sua morte nel 1616 Ieyasu fu divinizzato e il mausoleo in suo onore fu metà di molti pellegrinaggi a testimonianza di una politica che mirava a porre il sentimento religioso al servizio del bakufu, riducendo l’autorità delle istituzioni religiose. Infatti, nel 1615 erano state imposte una serie di norme ai templi, dette Jiin hatto e nel 1635 i templi periferici furono posti sotto il controllo di quelli maggiori e subordinati al governo centrale. Lo shintoismo fu usato come strumento di controllo del popolo e il Buddhismo servì a contrastare la diffusione del cristianesimo, grazie anche all’obbligo di iscriversi ad appositi registri presso i templi.
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Dettagli appunto:
- Autore: Veronica Vismara
- Università: Università degli Studi di Milano
- Esame: Lingua e Cultura Giapponese
- Docente: Virginia Sica
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