Comunicato Stampa 27 aprile 2012
Start up, imprenditoria giovanile, ricerca ma anche città più vivibili
Ecco come i laureati italiani avrebbero speso i soldi che i partiti si sono intascati attraverso i rimborsi elettorali
Abbiamo chiesto in un sondaggio ai laureati cosa avrebbero fatto con i 2,3 miliardi di euro “scippati” al nostro Paese dai partiti. Andando, di fatto, contro un referendum popolare, e affossando ancora di più le aspettative del nostro Paese...
Il dato più clamoroso è che, in fase di crescita vicina o pari allo zero, avremmo potuto creare 46 mila posti di lavoro in 18 anni!
2,3 miliardi di euro. È questa la cifra stratosferica erogata ai partiti in 18 anni, dal 1994 ad oggi, sotto forma di rimborsi elettorali, strumento di arricchimento illecito dei partiti che ha abilmente preso il posto dei finanziamenti pubblici, aboliti con referendum nel 1993.
Questo dato, oltre a confermare un palese scavalcamento della volontà popolare, nasconde pure il bottino che i gruppi parlamentari si sono intascati indebitamente, e cioè 1.700 milioni di euro, ovvero la differenza tra i 2,3 miliardi di euro già incassati e i 580 milioni di euro di spese elettorali effettivamente documentate.
Qualche dettaglio? Oltre 120 milioni sono andati alla Lega, circa 195 milioni al Pd e oltre 187 milioni al precedente Ulivo. Di Pietro e i suoi (solo dal 2001) hanno incassato 53 milioni e rotti mentre l'area Udc si è messa in tasca oltre 121 milioni. A Berlusconi & co., vi starete chiedendo, sono toccati 230 milioni e passa.
Ma cosa avremmo potuto fare con tutti questi soldi? Rimettere in sesto l'economia del nostro Paese, o almeno lanciare idee innovative e utili per stare meglio, tutti. Noi di Tesionline l'abbiamo chiesto ai laureati italiani attraverso un sondaggio.
Il nostro sito è stato letteralmente preso d'assalto, complice, evidentemente, la questione che sta cara a tutti noi, e nondimeno ai più giovani, sfiduciati e arrabbiati nei confronti di una classe politica meneggiona e indegna, oggi più che mai.
Chi ha votato – oltre 12 mila giovani under 35 – ha potuto esprimere fino a tre preferenze (ricordiamo che i nostri sondaggi non hanno valore statistico ma puramente orientativo). Ecco cos'è venuto fuori...
- Al primo posto tra le cose che i laureati avrebbero fatto con quei 2,3 miliardi di euro, con oltre il 46% delle preferenze, c'è il sostegno alle start up e all'imprenditoria giovanile. Che vuole dire non solo slancio di creatività e innovazione, ma soprattutto creazione di tantissimi posti di lavoro.
Sappiamo tutti che le banche non finanziano le idee, ma danno i soldi a chi già ce li ha. Noi di Tesionline abbiamo immaginato che lo Stato si rendesse garante di nuove aziende avviate da persone sotto i 40 anni, che si impegnino a loro volta ad assumere almeno 6 persone, per un importo di 300 mila euro da restituire in 7 anni a partire dal terzo anno.
Bene, con 2,3 miliardi si sarebbero potute garantire 7.666 nuove aziende, 426 ogni anno per 18 anni, con una ricaduta occupazionale di 2.550 persone, vale a dire 46 mila posti di lavoro in 18 anni.
Mettiamo pure che il 30% delle start up fallisca: i nuovi occupati sarebbero comunque 32 mila, e lo Stato avrebbe ancora in cassa 1 miliardo e 610 milioni di euro, dal momento che dovrebbe pagare solo i debiti delle aziende che non sono riuscite a restituire i 300 mila euro, o parte di essi. - La seconda scelta dei laureati italiani è ricaduta sulla ricerca. Oltre il 42% di loro è convinto che sia fondamentale investire in questo settore, sia per crescere e smettere di perdere ogni anno soldi a favore degli altri, sia per far rientrare i cervelli in fuga scappati chissà dove.
Ecco il nostro ragionamento: sappiamo che ogni anno i ricercatori italiani che lasciano il nostro Paese per andare a lavorare per università o aziende all’estero registrano mediamente 243 brevetti, che producono un risultato economico di circa 1 miliardo di euro.
Questo equivale a dire che il sistema Italia perde ogni anno 1 miliardo di euro, a favore di enti di ricerca esteri.
Con 2,3 miliardi di euro in 18 anni avremmo potuto finanziare 4.600 progetti di ricerca da 500 mila euro ognuno, pari a 255 progetti l'anno. Lo Stato avrebbe speso inizialmente 2,3 miliardi ma ne avrebbe successivamente incassati 18 (si parla sempre di miliardi). Senza contare il ritorno che un tale successo avrebbe generato sull’intero sistema universitario del Belpaese, che – ricordiamolo – non vanta neppure un'università fra le 100 migliori al mondo. -
Al terzo posto della classifica del “cosa avresti fatto con i 2,3 miliardi di euro dei rimborsi elettorali”, si piazza con il 32,5% delle preferenze il tema “green”, e cioè tutto ciò che è ecologia, sostenibilità e risparmio energetico.
Le città consumano il 70% dell’intera energia dell’Unione europea. L'obiettivo è sempre più quello di creare metropoli intelligenti, all'avanguardia e con un basso impatto ambientale, che usano la tecnologia al servizio del “verde” e del vivere meglio. È l'idea delle smart city, che nasce con l’obiettivo di ridurre i consumi del 20% migliorando allo stesso tempo l’ambiente.
Abbiamo preso come spunto il progetto smart city di Genova, città con più di 600 mila abitanti, che prevede un investimento di 60 milioni di euro. Con 2,3 miliardi di euro si sarebbero potuti finanziare oltre 38 progetti smart city, 2,1 all’anno per 18 anni. Detto in altri termini, sostanzialmente tutte le grandi città italiane sarebbero oggi smart, e respirerebbero un’aria molto più pulita, risparmiando il 20% di energia, con una ricaduta positiva immediata anche sul bilancio delle famiglie. -
Quarta posizione, con il 31% delle preferenze, per le borse di studio destinate all’università. Che non solo garantirebbero una qualità migliore dei servizi offerti, dalla didattica agli stage, dalle mense alle biblioteche agli alloggi per studenti. Ma offrirebbero un aiuto concreto alle famiglie e andrebbero a diminuire il tasso di abbandono scolastico.
Frequentare l’università costa mediamente 3 mila euro all'anno, solo di tasse.
Noi abbiamo immaginato di erogare borse di studio dell’importo di 5 mila euro ognuna, comprensive dell'esenzione dalle tasse e di un contributo alloggio per i più meritevoli.
Con 2,3 miliardi di euro avremmo finanziato 460 mila borse di studio: 25.556 ogni anno per 18 anni.
Oggi il tasso di abbandono, soprattutto al primo anno, è in forte crescita a causa della crisi che colpisce la maggior parte delle famiglie. Questo vorrebbe dire permettere a più studenti meritevoli di laurearsi, e di farlo più in fretta, perché non avrebbero necessità di lavorare per mantenersi agli studi. - Tra le cinque opzioni proposte, quella considerata meno importante e votata solo da 16% dei laureati è stata, infine, il sostegno al progetto Erasmus.
Nell’anno accademico 2008/2009 sono partiti per l'Erasmus 19.185 studenti, a fronte di una spesa – sostenuta dallo Stato – di 21.276.262 euro, il che significa 1.109 euro per ogni studente (questo dato l'abbiamo elaborato sulla base dell'XI Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario del MIUR del gennaio 2011).
Con i famosi 2,3 miliardi avrebbero potuto fare l'Erasmus 2.073.931 studenti, 115.218 ogni anno per 18 anni.
Studenti e laureati che avrebbero oggi uno straordinario bagaglio linguistico, professionale e culturale. E che renderebbero più competitive le nostre aziende e l'intero Paese.
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