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La rintracciabilità come strumento di marketing: il caso del settore vitivinicolo

Il tema della rintracciabilità domina oggi nei dibattiti relativi all’agroalimentare ma l’attenzione di cui gode da parte degli operatori è molto recente: fino ad una decina di anni fa il comparto sostanzialmente trascurava l’argomento. Poi, qualcosa è cambiato; una serie di eventi ravvicinati di forte impatto emotivo (es. BSE, pollo alla diossina), tutti relativi a pericoli sanitari, hanno provocato una piccola rivoluzione “copernicana” nell’intendere il governo dei processi di produzione e di commercializzazione del cibo.
A fronte di questi episodi, il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno definito il Regolamento n. 178/2002, entrato in vigore il 1° gennaio 2005, con lo scopo di stabilire i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare.
L’obiettivo primario di questo Regolamento è l’innalzamento dei livelli attuali della sicurezza alimentare al fine di tutelare la salute dei consumatori e minimizzare i rischi connessi all’alimentazione.
Il Regolamento, per ciò che attiene alla rintracciabilità, prevede che ogni industria operante nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti alimentari e delle bevande sia in grado di individuare i propri fornitori di materie prime (chi ha fornito che cosa), gli operatori economici a cui si consegnano i propri prodotti (chi ha ricevuto quali prodotti) e di avviare procedure per ritirare dal mercato la merce non conforme ai requisiti di sicurezza alimentare.
Il modo con cui rispettare queste regole può essere liberamente scelto da un’impresa perché il Regolamento non definisce un sistema univoco per garantirle. Questo significa che un’impresa può scegliere la soluzione più consona, in relazione ai suoi processi, per garantire la rintracciabilità.
I software per la rintracciabilità sono ormai alla portata di tutte le aziende: anche quelle più piccole, che non possono permettersi ingenti investimenti, possono utilizzare gli applicativi attraverso la modalità ASP.
Non solamente i software possono garantire la rintracciabilità; anzi, dal punto di vista tecnologico l’RFID e il bar-code si stanno diffondendo in maniera rapida viste le numerose informazioni che possono essere memorizzate in un tag o in un codice EAN 128.
In realtà, per diverse imprese e per taluni settori il Regolamento CE n. 178/2002 è stato ininfluente.
Ad esempio, le imprese dotate di certificazione alla Norma UNI 10939 relativa ai “Sistemi di rintracciabilità nelle filiere Agroalimentari” o munite di certificazione alla Norma UNI 11020 relativa ai “Sistemi di rintracciabilità nelle aziende agroalimentari” garantivano già quanto imposto dal 178; ricordiamoci, però, che queste norme sono volontarie cioè sta alla volontà o meno dell’impresa di adottarle.
Invece, i settori per cui il testo normativo è irrilevante sono quello vitivinicolo e quello delle carni perché già normati da disposizioni settoriali relative alla rintracciabilità.
Nonostante ciò, in questo lavoro, abbiamo valutato, attraverso una ricerca di mercato, se, effettivamente, le attività delle imprese vinicole non hanno subito modifiche a fronte dell’entrata in vigore del Regolamento n. 178/2002. Inoltre, la ricerca di mercato ci ha permesso di capire come viene percepita la rintracciabilità dai consumatori e come viene vista dai produttori. In particolare, da un lato è emerso che il 60% dei consumatori (di vino) riconoscono un “premio di prezzo” per avere la garanzia della rintracciabilità (maggiori informazioni/garanzie sulla provenienza e tipologie di uve); dall’altro i produttori ritengono che sia utile, nel futuro, investire per comunicare ai consumatori la rintracciabilità.

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Capitolo 1: Scopo del presente lavoro 1 CAPITOLO 1 SCOPO DEL PRESENTE LAVORO Dal 1° gennaio 2005, ogni industria, operante nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti alimentari e delle bevande, deve adempiere alle prescrizioni comunitarie del Regolamento CE n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’UE. Il testo normativo è finalizzato a garantire all’interno della Comunità Europea: • la libera circolazione di alimenti sicuri e sani; • un elevato livello di tutela della vita e della salute umana; • meccanismi per individuare i problemi di sicurezza legati agli alimenti. Il Regolamento è stato realizzato per evitare ulteriori casi drammatici, come il mascarpone al botulino, il pollo alla diossina e la BSE, che si sono verificati recentemente nel comparto alimentare. Tra i pilastri di questo Regolamento figura, all’art. 18, la disposizione che prescrive la rintracciabilità di ogni alimento, che consiste nella possibilità per un cliente (consumatore finale o industriale) di risalire (a monte della filiera) agli attori che hanno realizzato il prodotto da lui acquistato. Per questo motivo, le imprese devono essere in grado di mostrare, qualora richiesto, alle Autorità per la sicurezza alimentare i propri fornitori di materie prime (chi ha fornito che cosa), gli operatori economici a cui si consegnano i propri prodotti (chi ha ricevuto quali prodotti) e le procedure utilizzate per ritirare dal mercato la merce non conforme ai requisiti di sicurezza alimentare. Non è invece obbligatorio esprimere al consumatore queste informazioni. L’obiettivo del presente lavoro è capire se la rintracciabilità, da obbligo, può diventare uno strumento di marketing, ovvero se è in grado di trasformare l’onere dell’allestimento e gestione dei sistemi di rintracciabilità in un investimento per un ulteriore sviluppo del mercato. In particolare, è stato scelto come oggetto di studio il settore vitivinicolo perché, a differenza degli altri, aveva già delle norme che, se opportunamente rispettate dai produttori, dovevano garantire quanto imposto dal 178. Per questo motivo, almeno teoricamente, questo settore rispetto ad altri (eccezion fatta per quello delle carni) potrebbe essere già maturo per comunicare la garanzia della rintracciabilità al consumatore.

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