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Aspetti etici degli interventi medici e assistenziali nel fine vita in età pediatrica. Il problema dell’eutanasia

Anche i bambini hanno diritto ad una buona morte?
E come è possibile permettere che la vivano?
Gli argomenti affrontati da questo elaborato non vertono su temi che riguardano la diagnosi di malattia terminale nel bambino, bensì si vuole riflettere sul modo in cui il bambino stesso vive lo stato di “malato terminale”, per trovare il miglior approccio assistenziale quando la malattia ha ormai fatto il suo corso.
Si tenga conto del fatto che per “buona morte”, in questo ambito non si intende, nel significato ormai comune, “giornalistico”, del termine”, l’eutanasia da estendere anche in età pediatrica, ma piuttosto la ricerca degli interventi relativi alla realizzazione di un percorso privo di dolore, che rispetti la naturale evoluzione della malattia, dove la mano umana e l’assistenza si fa presente per dispensare sollievo e solidarietà.
Nonostante vi sia un progressivo calo della mortalità infantile, ogni giorno muoiono centinaia di bambini e parte di essi sono condannati da patologie atroci come malattie infettive, metaboliche, genetiche, cardiovascolari, tumorali. In una società dove la morte del bambino rappresenta un tabù, si ricercano i modi per poterli aiutare nelle fasi di sofferenza più assoluta, dal punto di vista fisico ma anche psicologico: «per non arrivare all'eutanasia […] c'è un fondamentale obiettivo da raggiungere: prevenire il desiderio di morte facendo il possibile perché il malato, in particolare il malato terminale, non arrivi a un tale stato di sofferenza». Così le chiare parole di Veronesi riportano l’obiettivo principale verso cui verte questo elaborato, eliminare la sofferenza e concentrarsi non sulla quantità ma sulla qualità di vita, per dare tutta la vita al tempo, anche se breve, e non più tempo alla vita.

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1 I n t r o d u z i o n e Anche i bambini hanno diritto ad una buona morte? E come è possibile permettere che la vivano? Gli argomenti affrontati da questo elaborato non vertono su temi che riguardano la diagnosi di malattia terminale nel bambino, bensì si vuole riflettere sul modo in cui il bambino stesso vive lo stato di “malato terminale”, per trovare il miglior approccio assistenziale quando la malattia ha ormai fatto il suo corso. Si tenga conto del fatto che per “buona morte”, in questo ambito non si intende, nel significato ormai comune, “giornalistico”, del termine”, l’eutanasia da estendere anche in età pediatrica, ma piuttosto la ricerca degli interventi relativi alla realizzazione di un percorso privo di dolore, che rispetti la naturale evoluzione della malattia, dove la mano umana e l’assistenza si fa presente per dispensare sollievo e solidarietà. Nonostante vi sia un progressivo calo della mortalità infantile, ogni giorno muoiono centinaia di bambini e parte di essi sono condannati da patologie atroci come malattie infettive, metaboliche, genetiche, cardiovascolari, tumorali. In una società dove la morte del bambino rappresenta un tabù, si ricercano i modi per poterli aiutare nelle fasi di sofferenza più assoluta, dal punto di vista fisico ma anche psicologico: «per non arrivare all'eutanasia […] c'è un fondamentale obiettivo da raggiungere: prevenire il desiderio di morte facendo il possibile perché il malato, in particolare il malato terminale, non arrivi a un tale stato di sofferenza». Così le chiare parole di Veronesi riportano l’obiettivo principale verso cui verte questo elaborato, eliminare la sofferenza e concentrarsi non sulla quantità ma sulla qualità di vita, per dare tutta la vita al tempo, anche se breve, e non più tempo alla vita.

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Parole chiave

qualità della vita
eutanasia
tabù
pediatrico
fine vita
infantile
hospice
buona morte
eutanasia infantile
hospice pediatrici

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