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La Bella Scontrosa - Jacques Rivette tra cinema e pittura

Antonio Costa, lo studioso che più si è occupato del rapporto Cinema-Pittura, cita “la Bella Scontrosa” come esempio di film con valore “anagogico”. Rivette cioè tiene un discorso sulla filosofia pittorica e sui pittori che a partire da una realtà imperfetta mirano a riscoprirne una superiore. Il regista segue passo passo i movimenti che portano alla creazione di un capolavoro che risulta, appunto perché troppo significativo, non mostrabile ad occhi profani.
Ogni artista s’ispira a un modello vicino o lontano al quale però l’opera conclusa potrebbe non assomigliare almeno a uno sguardo superficiale. Il fine di Frenhofer non è l’imitazione ma l’espressione: l’esaltazione della musa che si sottrae alla riproduzione ma ne influenza il risultato. Il quadro che completa sembrerebbe essere riuscito perchè non riproduce una realtà già evidente ma spiega gli aspetti che a prima vista non si possono cogliere.
Rivette autore molto impegnato anche sul versante della critica d’arte si sofferma inoltre sul rapporto autore-fruitore analizzando le responsabilità che entrambi hanno nei confronti dell’opera e delle persone coinvolte.
Nel momento in cui viene fissata un’immagine su pellicola (o una qualsiasi rappresentazione visiva) tutti i fruitori colgono lo stesso dato sensibile: dei molti possibili sguardi uno diviene la sintesi diffusa. Nel cinema il regista e i diversi autori guidano la visione più che in altre forme d’arte. Da questa considerazione muove il film di Rivette che indaga prima quali siano le aspirazioni dell’artista e le difficoltà nella rappresentazione, poi gli effetti che la sua opera avrebbe per coloro che ne fruiscono. Per realizzare un’idea l’artista ricerca un modello che di quell’idea possieda almeno qualche tratto per supportarlo nel difficile trasferimento tra il “mondo delle Idee” e il “mondo delle Cose”. La modella che posa appare agli occhi dell’artista come una copia del Modello Ideale. Porta l’originale dentro di sé.
Rivette non ci mostra mai il quadro così come Frenhofer non lo condivide con nessuno al di fuori della compagna, della modella, e della piccola Magaline.
La visione che esprime Frenhofer del modello originale, attraverso lo studio di Marianne, permette a ella di riconoscersi in esso ma, sentendosi denudata, di rimanerne sconvolta.
Lise, che è legata all’artista empaticamente, capisce da sé che il quadro è completo e vi imprime sul retro un emblematico sigillo: una croce. In seguito manifesta al marito l’apprezzamento per il risultato del suo lavoro e ancor di più per la decisione di sostituire l’opera sensazionale con una senza particolare significato. Rimane molto colpita, si capisce, dalla decisione presa da Frenhofer di mettere la pittura dopo il rispetto dei sentimenti di tutte le persone coinvolte.
Magaline, la servetta tuttofare che aiuta Frenhofer a sbarazzarsi del capolavoro, per ultima ammira la tela e sentenzia: “E’ la signorina? Com’ è bella”.
La sua affermazione è un probabile saggio di come avrebbero reagito gli spettatori alla vera “Bella Scontrosa”: ammirati ma disorientati al punto da informasi se si tratti davvero di una rappresentazione della modella (evidentemente l’associazione non scatta immediatamente). Può essere la modella come no, se si tratta di lei, Magaline ammette di non essere riuscita a scorgerla in quel modo prima. Quindi Frenhofer raggiunge l’obiettivo prepostosi mostrando a Marianne qualcosa in più di quanto non riuscisse a comprendere di se stessa prima del loro incontro.
Solo Frenhofer aveva presentito che Marianne possedeva in sé quello spirito che egli aveva cercato senza successo di estrarre da Lise e che ritrovato in Marianne, questa volta più coraggiosamente, era riuscito a rappresentare. Folgorato dalla lettura dalle gesta di Catherine Lescaut il pittore aveva riconosciuto in Lise lo stesso spirito ed ella aveva spinto perché questo modello, attraverso la mediazione visiva del suo corpo e di quella recettiva di Frenhofer, apparisse sulla tela. Ma i due mondi non possono convivere, questo sembra dire Rivette nel suo film, o la copia o il modello .

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2 1. LA BELLA SCONTROSA TRA CINEMA E PITTURA 1.1 SINOSSI Il celebre pittore Frenhofer vive ritirato con la moglie Lise in un castello lontano dalla città e da ogni turbamento al loro equilibrio. Le tele che in gioventù gli procurarono la fama avevano come soggetto il corpo nudo delle sue modelle, ciclo di ritratti conclusosi dopo l’incontro con la donna che ora tanto ama. Da molti anni in quell’eremo, Frenhofer si è limitato ad autoritratti del proprio viso arrivando a esaurire la vena creativa, ma l’eco delle trascorse tele attira al castello Nicolas, un giovane collega suo grande ammiratore, condotto dal loro comune gallerista Porbus. Accompagna i due forestieri Marianne fidanzata del promettente Nicolas. Marianne sembra risvegliare Frenhofer da un lungo sonno. Il mercante, vedendo Frenhofer rinvigorito dall’avere accanto una fanciulla, propone che la ragazza posi per il vecchio risvegliandone il genio e permettendogli di terminare il progetto della “Bella Scontrosa”. “Scontrosa”, in francese “Noiseuse”, era stato il soprannome di Catherine Lescaut, una leggendaria cortigiana del diciassettesimo secolo, della quale Frenhofer in passato aveva già provato a fissare eternamente sulla tela lo spirito attraverso un’epigona della Scontrosa. Il primo tentativo di superare la Natura nel limite della mortalità dei corpi era però fallito con Lise. Ora tocca a Marianne, assoldata dal vecchio pittore come musa ispiratrice per soddisfare il capriccio di Nicolas e del gallerista, scoprire i motivi della prima rinuncia e l’effetto di essere rapite sulla tela. La ragazza trascorre sei giorni a stretto contatto con il pittore durante i quali la ricerca di quale posto spetti al “singolo” e quale alla “coppia” e dove l’“arte” trovi delle limitazioni per rispetto dell’“amore” costringe tutti a delle profonde riflessioni su se stessi e sui rapporti di coppia. Molte difficoltà si susseguono nei quattro giorni di pose estenuanti da cui esce un quadro che esprime la vera natura di Marianne. Ella infatti nel vedere l’opera completa prende coscienza della propria interiorità e se ne vergogna proprio come Adamo ed Eva si sentirono nudi solo dopo aver morso la mela. Le due donne del pittore visionano il capolavoro che questi decide di murare, proprio per rispetto a loro, che mettendosi a nudo corpo ed anima, ne sono state le ispiratrici. Al critico e al giovane collega, che volevano trarre vantaggio materiale dall’opera conclusa (economico o di insegnamento), ne propone un’altra più accessibile, nella quale il mercante non nota nemmeno la mancanza dell’anima che avrebbe dovuto fare dell’opera un “non plus ultra”. La scelta di Frenhofer permette alla sua storia con la devota Lise di proseguire rafforzata dall’esperienza. Dal canto suo Marianne impara a conoscersi tramite il quadro che la riassume e prende la propria via lasciando il fidanzato che aveva anteposto all’amore per lei l’amore per l’arte. Prova di tale scala di valori viene dal fatto che il ragazzo, resosi conto che quello non è il

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