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Transizione e democrazia. Forme di governo a confronto: i casi polacco e ungherese.

Il seguente lavoro si suddivide in tre capitoli e si sviluppa, analizzando il percorso storico- politico, in un periodo che va dal 1950 ai nostri giorni, soffermandosi maggiormente nelle scelte politiche, economiche e costituzionali che questi paesi hanno adottato negli anni della democratizzazione.
Nello specifico, il primo capitolo, dopo avere accennato concetti di democrazia e processi di democratizzazione, effettua un'analisi comparata sui processi di transizione e democratizzazione di Polonia e Ungheria. Se le transizioni alla democrazia sono processi frequenti del XX secolo, che assumono le forme di «ondate» [Huntington 1991], la transizione dal comunismo alla democrazia, che ha trasformato la fisionomia politica dell'Europa, non ha precedenti storici. L'obiettivo non è solo quello di descrivere le trattative del passaggio dei due paesi al post- comunismo, quanto di trarre un confronto sulla transizione politica ed economica e le sue possibili cause e conseguenze. Un ulteriore riflessione sarà dedicata agli esiti della transizione, prendendo in considerazione diverse arene: società politica, economica, civile e apparato pubblico e in che misura queste possono essere influenzate dalle differenze nei singoli percorsi e dalle rispettive esperienze passate.
Con il secondo capitolo si cerca di realizzare l'obiettivo di comprendere le cause dei problemi affrontati nel processo di democratizzazione, tenendo conto del contesto storico, con le rispettive conseguenze che i due paesi hanno dovuto subire. Dopo un breve accenno all'influenza sovietica esercitata nei paesi dell'ex URSS e al successivo crollo del Muro di Berlino, questo capitolo mette in risalto, nello specifico, le vicende polacche e ungheresi che hanno portato questi due paesi a superare il dominio comunista e ad affacciarsi alla democrazia. Mentre in Polonia il processo di affrancamento dal regime è indissolubilmente legato all'attività del sindacato dei lavoratori " Solidarnosc", in Ungheria, sebbene non ebbe prima del 1989 movimenti sociali paragonabili a Solidarnosc, sarebbe un errore interpretare la transizione come un processo controllato solo dai riformisti comunisti. Un passaggio fondamentale, verso la fine del 1989, fu la legge sulle associazioni, che spianò la strada verso il multipartitismo.
L'analisi prende in considerazione anche la fase successiva alla transizione. Negli anni 90, in Ungheria e in Polonia, si assiste ad una trasformazione dell'economia attraverso riforme, liberalizzazioni e privatizzazioni con conseguenze sull' assetto sociale. Dal punto di vista politico, dal 1990 in poi, si alternano alla guida dei due paesi coalizioni di centro- destra e socialisti (ex comunisti); nel 1998 troviamo la prima esperienza di governo del leader ungherese Viktor Orban, attualmente in carica, personalità di spicco del partito populista- conservatore Fidesz. In questo mandato, il leader è stato accusato di manovre illiberali e di un eccessivo accentramento del potere nelle mani del governo o di autorità ad esso riconducibili.
Il terzo e ultimo capitolo tratta le varie forme di governo, il sistema partitico e il sistema elettorale. Partendo da un analisi generale sui diversi sistemi politici democratici e sulla divisione dei sistemi elettorali in maggioritario e proporzionale, il lavoro si sviluppa prendendo in considerazione le diverse varianti adottate da Polonia e Ungheria, mettendo in risalto le analogie e le differenze. Inoltre, muovendo dall'analisi di Rokkan sui conflitti e fratture che influenzano la genesi dei sistemi partitici, mi limiterò ad analizzare quali nuovi conflitti e fratture scaturiscono dagli eventi che segnano il ritorno dell'Est alla democrazia. Il ripudio del regime a partito unico porta alla rinascita del pluripartitismo e i partiti si impongono subito come i principali attori della transizione e della ricostruzione istituzionale. Una volta oltrepassata la fase dei movimenti e dei gruppi non strutturati, i partiti stentano a trovare una stabilizzazione e un radicamento organizzativo e ciò costituisce ancora oggi un persistente elemento di debolezza delle giovani democrazie est- europee

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3 INTRODUZIONE Il 1989 è l'anno in cui la guerra fredda finisce e il blocco sovietico cessa rapidamente di esistere. Nel 1989 si chiude un epoca e inizia, per i paesi satelliti di Mosca, un periodo di transizione che mira a convertire ordinamenti non democratici in democratici ed economie pianificate in economie di mercato. L'intento di questo studio è analizzare le cause politiche, economiche e sociali che hanno portato Polonia e Ungheria ad attuare nel 1989 "rivoluzioni" pacifiche e negoziali e di come le differenze tra questi paesi abbiano influenzato i rispettivi processi e tempi di transizione. Il seguente lavoro si suddivide in tre capitoli e si sviluppa, analizzando il percorso storico- politico, in un periodo che va dal 1950 ai nostri giorni, soffermandosi maggiormente nelle scelte politiche, economiche e costituzionali che questi paesi hanno adottato negli anni della democratizzazione. Nello specifico, il primo capitolo, dopo avere accennato concetti di democrazia e processi di democratizzazione, effettua un'analisi comparata sui processi di transizione e democratizzazione di Polonia e Ungheria. Se le transizioni alla democrazia sono processi frequenti del XX secolo, che assumono le forme di «ondate» [Huntington 1991], la transizione dal comunismo alla democrazia, che ha trasformato la fisionomia politica dell'Europa, non ha precedenti storici. L'obiettivo non è solo quello di descrivere le trattative del passaggio dei due paesi al post- comunismo, quanto di trarre un confronto sulla transizione politica ed economica e le sue possibili cause e conseguenze. Un ulteriore riflessione sarà dedicata agli esiti della transizione,

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