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La democratizzazione del sistema politico turco: l'Islam moderato al potere e la custodia dei militari

La Repubblica turca si presenta da sempre come uno stato sospeso a metà tra il mondo occidentale e quello medio-orientale. La società, la cultura e la politica turche hanno una veste doppia basata sulla tradizione musulmano-ottomana e il desiderio di abbracciare un modello politico-culturale tipico delle nazioni occidentali. La nascita di questo contrasto va ricercata nell'opera di Atatürk, autore di un cambiamento radicale nella concezione identitaria del suo paese. L'élite kemalista ha imposto dall'alto un'identità nella quale gran parte della popolazione ha avuto difficoltà a riconoscersi, poiché fondata più su un'idea che su basi concrete, e che per il bene della quale si è sistematicamente provveduto a reprimere duramente chiunque la ponesse sotto minaccia. Così, nel corso del novecento per ben quattro volte l'esercito, auto proclamatosi custode dei valori fondanti la Repubblica, è intervenuto per “salvaguardare” la democrazia, costituendo, di conseguenza, un limite alla stessa. In particolare, i militari hanno provveduto a limitare il potere degli islamici, considerati, insieme al comunismo, la più grave minaccia allo Stato.
La mia tesi riguarda il periodo che va dal colpo di stato del 1980 al 2007, anno in cui l'islamico Akp ha ottenuto una storica vittoria nei confronti dell'esercito e che ha visto, forse per la prima volta, la democrazia trionfare veramente in Turchia. Non è mia intenzione entrare nel merito di quanto la vittoria di un partito islamico possa costituire una minaccia per la laicità dello stato, argomento troppo complesso per le mie limitate conoscenze a riguardo. Ciò su cui vorrei porre l'accento e come il concetto di democrazia sia stato confuso con quello si laicità, non permettendo, in questo modo, lo sviluppo delle libertà fondamentali che sono alla base di ogni sistema democratico moderno.
Per fare questo ho strutturato il mio lavoro in tre capitoli. Il primo costituisce un introduzione storica che copre il periodo che va dalla nascita della Repubblica turca nel 1923 fino alle elezioni del 1983. In questo periodo si assiste alla radicalizzazione del contrasto tra l'esercito e la classe politica, che avrà le sue manifestazioni più acute con i colpi di stato del 1960, del 1971 e del 1980. E' in questo arco temporale che va ricercata anche l'origine della frattura tra le istituzioni e la società civile.
Il secondo capitolo riguarda la vita della Repubblica turca dal 1983 al 2007 e pone l'accento sui cambiamenti politico-istituzionali avvenuti in questo periodo. La prima parte tratta il processo di democratizzazione e liberalizzazione portato avanti da Özal e che ha permesso l'ascesa al potere di una formazione islamica, il Refah Partisi, riuscita nell'intento di avvicinare la popolazione civile, soprattutto le classi emarginate, alla politica, portando per la prima volta un islamico a rivestire la carica di primo ministro. Proseguo trattando l'ultimo atto di forza dell'esercito, che con il colpo di stato post-moderno del 1997 è nuovamente intervenuto per ripristinare il kemalismo. Per poi concludere con il successo del Partito della giustizia e dello sviluppo, che si è posto come la prima formazione politica che può essere davvero definita nazionale.
L'ultimo capitolo è un approfondimento su due elementi che ritengo di fondamentale importanza. Il primo è il rapporto tra la Turchia e l'Unione Europa, il quale può costituire il vero fattore di spinta al cambiamento nel sistema istituzionale turco. La Turchia si sente europea e vuole entrare a far parte dell'Europa, ma questo può realizzarsi solo se il governo turco sarà in grado di rispettare determinati criteri politico-istituzionali. Il secondo elemento è indirettamente legato al primo. Infatti, la questione curda è uno degli ostacoli maggiori al processo di adesione della Turchia all'Unione Europea e costituisce anche l'esempio più eclatante dell'intransigenza insita nel kemalismo verso le minoranze.

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1 Introduzione La Repubblica turca si presenta da sempre come uno stato sospeso a metà tra il mondo occidentale e quello medio-orientale. La società, la cultura e la politica turche hanno una veste doppia basata sulla tradizione musulmano- ottomana e il desiderio di abbracciare un modello politico-culturale tipico delle nazioni occidentali. La nascita di questo contrasto va ricercata nell'opera di Atatürk, autore di un cambiamento radicale nella concezione identitaria del suo paese. L'Ølite kemalista ha imposto dall'alto un'identità nella quale gran parte della popolazione ha avuto difficoltà a riconoscersi, poichØ fondata piø su un'idea che su basi concrete, e che per il bene della quale si è sistematicamente provveduto a reprimere duramente chiunque la ponesse sotto minaccia. Così, nel corso del novecento per ben quattro volte l'esercito, auto proclamatosi custode dei valori fondanti la Repubblica, è intervenuto per “salvaguardare” la democrazia, costituendo, di conseguenza, un limite alla stessa. In particolare, i militari hanno provveduto a limitare il potere degli islamici, considerati, insieme al comunismo, la piø grave minaccia allo Stato. La mia tesi riguarda il periodo che va dal colpo di stato del 1980 al 2007, anno in cui l'islamico Akp ha ottenuto una storica vittoria nei confronti dell'esercito e che ha visto, forse per la prima volta, la democrazia trionfare veramente in Turchia. Non è mia intenzione entrare nel merito di quanto la vittoria di un partito islamico possa costituire una minaccia per la laicità dello stato, argomento troppo complesso per le mie limitate conoscenze a riguardo. Ciò su cui vorrei porre l'accento e come il concetto di democrazia sia stato confuso con quello si laicità, non permettendo, in questo modo, lo sviluppo delle libertà fondamentali che sono alla base di ogni sistema democratico moderno. Per fare questo ho strutturato il mio lavoro in tre capitoli. Il primo

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islam
democrazia
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kemalismo
akp
ataturk
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