Non aprite quelle porte - Il cinema horror rurale americano degli anni settanta
All’interno del new horror è distinguibile un nutrito filone che si caratterizza per l’ambientazione rurale. I cosidetti “rural gothic” o “meat movie” hanno come protagonisti violenti bifolchi di campagna, famiglie di macellai e psicopatici rurali regrediti ad uno stadio primitivo. Il film paradigma di questo filone è Non Aprite Quella Porta. La struttura narrativa di questi film si ripete in base ad un solido modello. La vicenda inizia con il viaggio di un gruppo di giovani che viene interrotto quando questi incontrano il male, sotto la forma di un autostoppista o del gestore di un motel o autogrill. A seguito di questo incontro, i giovani vedono o scoprono qualcosa che non dovrebbero e per questo vengono inseguiti e uccisi uno a uno. Lo scontro basilare inscenato da queste pellicole è quello tra i giovani, alternativi e rappresentanti i nuovi ideali della controcultura, e i “redneck”, bifolchi ignoranti e malvagi. E’ lo scontro tra i nuovi valori che tentano di avanzare e gli antichi valori tradizionali su cui si è fondata l’America. E’ una guerra civile in cui a soccombere sono gli hippies, metafora di quello che avverrà nella realtà con la crisi del movimento e il riflusso che porterà allo yuppismo degli anni Ottanta, ma anche i “redneck”, costretti a sparire a causa dell’urbanizzazione serrata e di una continua colonizzazione tecnologica. E’ una lotta che ricorda quella tra cowboy e indiani dove però i “buoni” sono gli indiani mentre i “cattivi” sono i cowboy e i “farmer”, che a causa della crisi economica si sono impoveriti e abbruttiti. Oltre allo scontro generazionale, altre constanti tematiche soggiacenti il filone dei “redneck horror” sono la critica al capitalismo aggressivo, la rappresentazione dell’ossessione tipicamente statunitense per le armi, la critica verso l’istituzione politica e familiare e il cannibalismo. L’antropofagia di queste pellicole rimanda a un paese che si sta autodistruggendo. E’ l’America che mangia sè stessa, metafora nascosta della guerra in Vietnam che ha divorato le vite di molti giovani.
Se le referenze immediate dei “rural gothic” si trovano nel cinema di exploitation degli anni Sessanta, in particolar modo nel gore, e nello psycho-thriller di Hitchcock e dei suoi vari emuli, un genere con cui condivide molto è il road movie. Tutti i “rural gothic” iniziano con un viaggio che viene interrotto. Le figure del motociclista e dell’autostoppista sono due topoi riconoscibili del “redneck horror” ripresi in toto dal road movie. La strada è in queste pellicole la salvezza, ma allo stesso tempo è piena di insidie. La regola da seguire è quella di non fermarsi mai, nè per mangiare in un autogrill nè per dare un passaggio ad uno sconosciuto. Lo spazio si configura in questi film in base alla distopia tra la strada e la fattoria, tra la strada e il paese di campagna. Questa distopia rimanda a quella tra la città e la campagna. La campagna è il luogo di conquiste, dove i coloni sono giunti, hanno massacrato gli indiani e si sono stabiliti difendendo la loro nuova casa con il vecchio e caro Winchester. E’ il luogo archetipale dello spirito dei pionieri. E’ deserto e selvaggio, primitivo e amorale, dove le leggi vengono distorte ed estremizzate a uso e consumo dei villani locali e la proprietà privata è un dogma da non disconoscere. L’errore dei giovani hippies protagonisti è proprio quello di invadere la proprietà privata, di “aprire quella porta”, scoprendo che dietro il solare paesaggio degli stati del Sud si nasconde un orribile segreto.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Magni |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo |
Relatore: | Franco La Polla |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 186 |
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